Pdl e Lega al Colle Fini ora si dimetta
Berlusconi non risponde al tentativo di Fini di metterlo all'angolo e contrattacca. Al termine del vertice tenuto ieri sera con la Lega ad Arcore i due alleati di governo hanno deciso di rivolgersi a Napolitano per chiedere una verifica sulla compatibilità di Fini con il ruolo di Presidente della Camera: «Le dichiarazioni dell'on. Gianfranco Fini sono state unanimemente giudicate inaccettabili. Le sue parole sono la chiara dimostrazione che svolge un ruolo di parte ostile alle forze di maggioranza e di governo, del tutto incompatibile con il ruolo super partes di presidente della Camera»: questo il testo del comunicato diramato a tarda notte, quando il vertice era ancora in corso. La strategia è chiara: qualora si arrivi alla rottura bisogna che la crisi sia imputabile in tutto e per tutto al presidente della Camera e non al premier. Quel patto di legislatura offerto da Fini come uno zuccherino nell'ambito di un discorso incendiario, appare al Pdl irricevibile. Al tempo stesso però causare la crisi e andare alle elezioni rischia di aprire uno scenario con molte incognite. I sondaggi riservati indicano che Berlusconi rischia di essere penalizzato da un'operazione di questo genere che andrebbe a vantaggio della Lega. Il Carroccio ha tutto da guadagnare da un ricorso anticipato al voto e non è un caso che Bossi non faccia che ribadire l'inevitabilità di una interruzione della legislatura, con una data ipotizzata per le elezioni che potrebbe essere quella del 28 novembre. «Se Berlusconi dava retta a me e andava alle elezioni, Fini, Casini, la sinistra, tutti questi scomparivano...» ha detto il Senatùr che ha ribadito quanto sia «difficile ora fare accordi con Fini». Poi ha incalzato sulla legge elettorale. «Non ci interessa, è la lunga mano della sinistra. A noi quello che importa è il patto elettorale, nient'altro». Il premier quindi si trova stretto tra Fini e il Carroccio. Ed è su questo scenario che Berlusconi ha ragionato con i fedelissimi Verdini, Cicchitto e Ghedini in un incontro che ha preceduto quello con Bossi. La preoccupazione maggiore è che l'accusa lanciata dal presidente della Camera di essere stato espulso dal Pdl, faccia apparire il premier come l'autore dello strappo. Ecco perchè lo show down dovrà realizzarsi necessariamente in Parlamento: tutto dipenderà, ha ribadito il capogruppo del Pdl alla Camera Cicchitto, «da come andranno le cose rispetto al confronto politico parlamentare». Tradotto: si deve verificare se il sospetto che i finiani intendano solo «logorare» il governo sia fondato. Se così fosse, si è ragionato ad Arcore, l'unica alternativa sarebbe quella di mettere il gruppo di Futuro e Libertà con le spalle al muro in Aula. Il tema su cui farlo non è stato ancora individuato. L'unica raccomandazione che ha ripetuto Berlusconi ai suoi è di evitare argomenti che potrebbero essere utilizzati strumentalmente contro di lui: in sostanza, se rottura sarà, dovrà essere imputabile unicamente a Fini e su un argomento non attinente alle vicende personali del premier (ecco spiegato lo stop al processo breve), ma a tematiche che interessino davvero gli elettori. La cautela di Cicchitto lascia intendere che l'ipotesi del voto non convince del tutto Berlusconi e che si stanno cercando altre strade. Non per niente il premier ieri ha incontrato ad Arcore anche una delegazione di finiani composta da Moffa, Augello e Viespoli. Un incontro per verificare le intenzioni di Futuro e Libertà in merito ai cinque punti del programma sui quali il governo chiederà la fiducia. Ma dai finiani il premier non ha ottenuto nulla di più di un «valuteremo le diverse proposte di legge». Ora quindi la battaglia si sposta in Parlamento. Sarà lì, quando saranno votate le proposte di legge sui 5 punti programmatici, che emergeranno i rapporti di forza tra Pdl e finiani e verrà allo scoperto la strategia dei seguaci di Fini. Se cioè «ci troviamo di fronte ad una linea fondata sulla contrattazione politica - spiega Cicchitto - oppure sull'intenzione di logorare fino allo sfinimento il governo». Sulla verifica in Parlamento, come unica strada percorribile e alternativa alle elezioni, ha insistito anche il portavoce del premier Bonaiuti che in mattinata aveva gettato acqua sul fuoco: «Il discorso di Fini non è un fatto traumatico, si va avanti portando all'esame del Parlamento i 5 punti su cui il Pdl ha scelto di verificare la tenuta». Intanto gran parte della maggioranza è tornata a chiedere a Fini di lasciare lo scranno di Montecitorio. «Fra i due ruoli c'è una contraddizione evidente della quale egli stesso si deve far carico» ha rilanciato Cicchitto.