Gianfranco vuol fare la festa al Pdl

{{IMG_SX}}Nel parcheggio del ristorante «I Durandi», dove Fini raduna i suoi alle porte di Mirabello, un parlamentare ha alla fine il coraggio di fargli la domanda direttamente: «Gianfrà, ma ’sto partito lo facciamo o no?». Lui risponde secco: «Siamo in un punto di non ritorno». Non c’è bisogno di aggiungere altro. Non è il momento di fare annunci. Non è l’ora di formalizzare ciò che sostanzialmente già c’è: un nuovo soggetto politico. Dunque, Fini non pensa assolutamente di ritornare al Pdl. Un partito che lui ha fondato ma che, nel momento in cui esce il cofondatore, non c’è più. Lo dice apertamente: «Il Pdl non c’è più. E non si può tornare in una cosa che non esiste». E allora che si fa? Si fa una cosa nuova. Un nuovo Pdl. Quello che il presidente della Camera disegna dal palco nei suoi ottanta minuti di discorso che lo sfiniscono (scende che sembra Dorando Pietri all'arrivo della maratona delle Olimpiadi di Londra 1908: barcollante) è una formazione politica che andrà direttamente in concorrenza con quella del premier. E visto che, nella visione finiana, il Pdl come progetto politico non è stato realizzato, il nuovo soggetto si propone di fare ciò che Berlusconi ha lasciato incompiuto. Ora ci si rivolge chiaramente all'elettorato ex An, di destra tradizionale, poi si proverà ad andare oltre. E infatti nel suo manifesto per ora Fini accenna solo alle battaglie che lo hanno caratterizzato come il voto agli immigrati o le questioni etiche. Per il resto, tutto marcia in un'unica direzione. Anche il fatto che Fini abbia incontrato una settantina di imprenditori, la crema del mondo industriale emiliano, che suona come un aperitivo-raccolta fondi. La cacciata. Il leader di Futuro e Libertà arriva al leggìo ed è emozionato. E lo mostra, altra piccola novità. Per prima cosa ripercorre le tappe della sua espulsione dal Pdl, spiegando che si è trattato di «un atto, che so che non lo ha scritto Berlusconi» e sembra ispirato al libro nero del comunismo «perché soltanto dalle pagine del peggior stalinismo si può essere messi alla porta senza alcun contraddittorio e con motivazioni che sono assolutamente ridicole». Almirante. Torna, dopo anni, a esser citato in un discorso (fu addirittura tolta una sua immagine nel video del decennale di An, nel 2005). Capita quando parla di Mirabello: «Qui affondano le radici di parte della mia famiglia e qui tanti anni fa un uomo capace di guardare innanzi», Almirante appunto, che «indicò al suo popolo la necessità di un salto di generazione». Parla di continuità ideale. E rispolvera come canzone sulla quale giungere «Uno in più» di Lucio Battisti, un cavallo di battaglia per i giovani di destra negli anni Settanta. Forza Italia allargata. Il cuore politico è sulla fine del Pdl: 0ra «c'è il partito del predellino, ma il Popolo della libertà non c'è più. È in qualche modo Forza Italia che si è allargato». «Il Pdl come lo avevamo immaginato e conosciuto non esiste più, è finito il 29 luglio», il giorno del famoso ufficio di presidenza. Attacca gli ex colonnelli: «Hanno solo cambiato generale». Dissenso escluso. Un grande partito liberale, aggiunge il presidente della Camera, «deve essere una fucina di idee, un polmone che respira e che dà ossigeno anche all'intera azione del governo». E allora, sottolinea, «rivendicare il diritto di avanzare delle proposte, la necessità di esprimere delle critiche, di svolgere delle analisi e fare delle valutazioni non può essere frazionismo, boicottaggio, controcanto. È piuttosto democrazia interna, altro che teatrino della politica». Invece il «Fli non è An in sedicesimo. Chi lo pensa non ha capito nulla: Fli è lo spirito autentico del sogno Pdl. È pensare che la transizione possa finire». Metodo infami. «Si va avanti senza farci intimidire da quello che è stato il "metodo Boffo" messo in campo da alcuni giornali che dovrebbero essere, pensate un po', il biglietto d'amore del partito dell'amore; noi non ci facciamo intimidire perché di intimidazioni ne abbiamo vissute ben altre. Ho fiducia nella magistratura e aspettiamo che sia la magistratura a stabilire le responsabilità». Poi il leader di Fli sottolinea: «Vado avanti nonostante gli attacchi infami, non tanto contro la mia persona, ma contro la mia famiglia». No Gheddafi. Uno dei passaggi più applauditi con Luca Barbareschi che si alza in piedi e si spella le mani gridando: «Bravooooo». Dice Fini sulla visita del leader libico a Roma: «Uno spettacolo poco decoroso quello con cui è stato accolto un personaggio che non può insegnare nulla né del rispetto delle donne né della dignità della persona». Certo, riconosce, «da ex ministro degli Esteri conosco la "real politik", ma non può portare a una sorta di genuflessione nei confronti di chi non può ergersi né a maestro né a punto di riferimento». Vediamo se Silvio ci sta. «Si va avanti - dice il presidente della Camera - senza ribaltoni o ribaltini, senza cambi di campo». Ma si va avanti, avverte Gianfranco, «convinti della necessità di onorare quel patto con gli elettori, ma fino in fondo, senza magari aggiungerci qualche parte che nel programma non c'era e che invece diventa un'emergenza». «Avanzeremo in Parlamento con spirito costruttivo le nostre proposte. Non per remare contro, ma per far camminare il governo più veloce». Poi il leader di Fli spiega: «Cercheremo di dar vita a quello che è stato chiamato un patto di legislatura per arrivare al termine dei 5 anni e riempire di fatti concreti gli anni che separano dal voto. Un nuovo patto di legislatura che non sia un tavolo a due gambe». Che bravo il Cav. Berlusconi viene ricoperto di elogi, gli offre anche un salvacondotto come il lodo Alfano per tutelare il presidente del Consiglio e non una legge ad personam. Piuttosto Fini demolisce tutto ciò che fa (o non fa) il premier: «Berlusconi - fa notare ancora - ha diritto di governare perché scelto dagli elettori. E pensare a scorciatoie giudiziarie per toglierlo di mezzo è una lesione alla sovranità dello Stato». «Ma quel simpatico dottor "Stranamore" che è l'onorevole Ghedini non deve trovare una soluzione purché sia». Che cattivo il Cav. «Berlusconi ha tanti meriti, ma anche qualche difetto: in primo luogo di non aver ben compreso che in una democrazia liberale non può esserci l'eresia, perché non c'è l'ortodossia. «La gratitudine non può significare che ogni volta che si indica una strada diversa si incorre in una "lesa maestà"». Se la prende con i telegiornali che, «salvo nobili eccezioni, sembrano fotocopie dei fogli d'ordine del Pdl». Dateci sviluppo. «In quale altro Paese manca un ministro dello Sviluppo economico?», ha detto il presidente della Camera dal palco della festa di Mirabello. Nonostante il "ghe pensi mi", aspettiamo ancora che l'oracolo di Delfi si pronunci sul ministro dello Sviluppo Economico». Dove va Fli. Il nuovo partito, che si prensenterà anche alle prossime amministrative, si propone di fare ciò che il Pdl non è riuscito a concretizzare: «Dov'è finito quel punto del programma - domanda ironicamente - dove si prevedeva l'abolizione delle province? E quello che riguardava la privatizzazione e liberalizzazione delle municipalizzate?». Federalismo per tutti. «Il federalismo è possibile solo se è nell'interesse di tutta Italia non solo in quella della parte più progredita». Riformare il Fisco. «Fli deve anche fare tutto il possibile per affiancare ai soliti due temi, federalismo e giustizia, anche altri temi come quello di far ripartire l'economia. Anche per essere coerenti con il monito del capo dello Stato e delle imprese». Poi aggiunge: «Il nostro governo ha ben fermato la crisi, ma oggi dobbiamo far ripartire l'economia. Dobbiamo far ripartire l'economia. Come? Facendo le riforme che erano nel programma originario del Pdl». «Interveniamo sul quoziente familiare per far sì che chi ha figli, anziani e disabili a carico abbia un peso fiscale minore», puntualizza Fini. Saluti finali. Poi tutti sul palco con il portavoce di Fini, Fabrizio Alfano, che tira su la Siliquini e la Germontani. Foto di gruppo poi Gianfranco scende la scaletta e accusa un lieve malore. Sudato, sbuffa, si ferma, prende aria: «Non sto in piedi». Poi si lancia nelle strette di mano, quello che più ricercava: l'affetto del pubblico. In queste mesi i sondaggisti si sono molto arrampicati sugli specchi per capire quanto possa valere la formazione finiana. Per la prima volta s'è visto un seguito in carne e ossa e lo stesso leader, s'è visto chiaramente, aveva bisogno del calore umano e soprattutto di rendersi conto di avere ancora un mondo dietro di lui. Finale con i botti per la festa di Mirabello. Non si è presentato il mago Kabul, rimpiazzato da un cabarettista. La kermesse si è chiusa a suon di mazurka e bachata, un buon inizio per il nuovo partito.