L'ultima chiamata
A poche ore dall'intervento di Fini a Mirabello, Berlusconi lancia un ultimo appello ai finiani: «ricorderò gli amici nelle liste elettorali». In un videomessaggio ai Promotori della Libertà, il presidente del Consiglio tende una mano ai seguaci di Fini. Nessuna intenzione di retrocedere di un passo dalla linea della fermezza rispetto al presidente della Camera e ai ribelli, sia ben chiaro, ma solo il messaggio rassicurante per chi intendesse ripensarci. L'appello è a tutti quei parlamentari che, «avendo prima deciso di fare parte di un nuovo gruppo, dovessero per senso di responsabilità e per lealtà nei confronti degli elettori che li hanno votati, decidere di restare nel gruppo del Pdl». A costoro Berlusconi assicura che «potranno contare sulla nostra amicizia, sulla nostra solidarietà e lealtà, anche nel momento della formazione delle liste elettorali». Poi Berlusconi ribadisce che «se venisse a mancare il sostegno della maggioranza si andrebbe al voto». La compattezza della maggioranza «ha consentito la realizzazione di una parte consistente del programma votato dagli elettori». Sarebbe quindi «imperdonabile che per puri interessi personali e di parte, questo sostegno venisse meno tradendo il mandato e la fiducia degli elettori». Berlusconi indica ai Promotori della Libertà le prossime tappe del governo. Chiuso un agosto «politicamente folle, occupato da diatribe che nulla hanno a che fare con il concreto operare del governo», è il momento di tornare a guardare ai problemi concreti del Paese. Alla ripresa dell'attività parlamentare il governo presenterà al Parlamento cinque punti programmatici nei quali «abbiamo sintetizzato le riforme da realizzare entro questa legislatura e cioè: la riforma tributaria, il federalismo fiscale, la sicurezza, l'immigrazione, il rilancio del Sud e la riforma della giustizia». Su questi temi il governo chiederà al fiducia. «Non ci lasceremo distrarre dai giochi di Palazzo che purtroppo sono ancora in corso» ha avvertito il premier. Entrando nello specifico della riforma della giustizia, Berlusconi ha precisato, soprattutto ad uso e consumo della sinistra, che «nella mozione sulla giustizia non dovrebbe esserci il cosiddetto processo breve, che dovrebbe invece essere finalmente un processo per tutti di ragionevole durata e cioè di una durata massima di sei anni e mezzo, molto di più di quel che durano i processi nelle vere democrazie». Una precisazione necessaria dal momento che «quando si tratta di giustizia e di processi non c'è una norma che non riguardi uno dei tanti processi o meglio delle tante aggressioni che mi sono state rivolte in questi anni per tentare di sovvertire il voto degli italiani, anche se questa norma è giusta». Sicchè la sinistra è pronta a trasformare questa norma «in uno scandalo e a metterla al centro di una campagna ancora e sempre contro di me». Pertanto siccome dentro la mozione sulla giustizia non dovrebbe esserci il processo breve «la sinistra la piantasse di fare tanto baccano e pensasse al suo vuoto di idee». Ai Promotori della Libertà, Berlusconi ricorda che l'opposizione è prigioniera di due ossessioni: «insultare il Capo del governo attribuendogli le peggiori nefandezze, e cambiare una legge elettorale che funziona benissimo e che ha dimostrato di consentire la governabilità del Paese». Il premier sottolinea che questa legge elettorale «super criticata dalla sinistra, non si può dire che non rispetti il principio basilare della democrazia liberale, cioè la sovranità del popolo». Ma «la sinistra continua a preferire i vecchi giochi di Palazzo». E per Berlusconi l'obiettivo è fin troppo chiaro: «sovvertire il verdetto elettorale e portare al governo loro stessi, cioè chi ha perso le elezioni». Compito quindi dei Promotori della Libertà è secondo il premier quello di «denunciare ai nostri elettori e simpatizzanti questo continuo tentativo eversivo di ribaltare i risultati elettorali con il soccorso di alcuni magistrati di sinistra». Nel messaggio il premier ha ricordato i meriti del governo, primo fra tutti quello di «aver garantito la solidarietà e la pace sociale con la politica del rigore». Grazie alla manovra da 25 miliardi, «senza provocare quell'ondata di scioperi ipotizzata dalla sinistra», l'Italia è stata messa «al riparo dalla crisi finanziaria che ha sconvolto l'Europa».