Fini: "Andiamo avanti senza ribaltoni ma serve un nuovo patto di governo"
Tra gli applausi dei sostenitori, il presidente della Camera Gianfranco Fini è arrivato alla festa di Mirabello per pronunciare il discorso conclusivo della kermesse di Futuro e libertà. Standing ovation per l'ex fondatore di An, che scortato da un cordone di sicurezza non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Prima del discorso di Fini, è stato proposto ancora una volta l'Inno di Mameli, che tutti - militanti e politici - hanno cantato in piedi, seguito da "Uno in più" di Lucio Battisti. CAPITALE DELLA POLITICA - "Qui a Mirabello la destra italiana ha vissuto momenti importanti, qui con Pinuccio Tatarella anticipammo Alleanza nazionale, e preconizzamo quella svolta che poi portò alla nascita del Popolo della libertà, qui ho provato grandi emozioni, ma l'emozione di ieri e dell'altro ieri è nulla in confronto a quella che provo in questo momento, mai nel mio cuore c'è stata un'emozione forte come quella che provo in questo istante", ha esordito Fini in quello che può essere definito uno dei suoi discorsi più importanti. Mirabello "è diventata ed è per un giorno capitale della politica italiana". Il presidente della Camera è poi entrato subito nel merito dello strappo con il Pdl e Silvio Berlusconi sottolineando che non c'è stata una "scissione", ma "un'estromissione", riferendosi alla decisione presa nei suoi confronti dall'ufficio politico del Pdl il 29 luglio. Un atto "illiberale" e "autoritario", degno "del peggior stalinismo", accusa Fini, giustificato da "alcun atteggiamento di demolizione del Pdl: c'è stata di fatto la mia estromissione dal partito che avevo contribuito a fondare". "Estromissione" che "nulla ha a che spartire con quel pluralismo che rappresenta una delle condizioni per cui un partito sia davvero liberale di massa". "Soltanto nelle pagine del peggior stalinismo si può essere messo alla porta con motivazioni ridicole e senza alcun contradditorio", con un atto di "brutale repressione della dialettica interna", ribadisce il presidente della Camera. LE RAGIONI DEL DISSENSO - Fini poi a spiega alcune questioni che evidenziano il dissenso con il Pdl. A partire dall'ultima in termine di tempo, come la visita in Italia del leader libico Muammar Gheddafi. "Da ex ministro degli Esteri conosco bene la realpolitik e le ragioni di buon vicinato. Ma tutto ciò non può portare a una sorta di genuflessione da parte di chi non può in alcun modo ergersi a maestro o punto di riferimento", attacca Fini. Che fa un riferimento anche alle vicende giudiziarie che hanno toccato alcuni esponenti del centrodestra. "Il garantismo è sacrosanto, ma non può essere impunità permanente - dice in un passaggio del suo intervento sulle ragioni e i temi che hanno creato la rottura - abbiamo detto che il governo ha bene operato contro la crisi finanziaria, ma poteva modulare diversamente alcuni interventi, come ad esempio i tagli lineari alla spesa". A questo proposito, "mi ha ferito - fa presente - quando a Venezia ho visto le forze di polizia costrette a manifestare il loro dissenso. Cita, poi, i tagli alla scuola, ma anche i costi effettivi del federalismo fiscale. E ancora "È lecito nel Pdl - domanda - indicare prospettive che non sempre sono condivise da tutti come la lotta all'immigrazione clandestina, ma anche l'integrazione degli stranieri?". GOVERNARE E COMANDARE - Fini poi fa riferimento diretto al presidente del Consiglio. "Siamo tutti grati a Berlusconi per quello che ha fatto soprattutto nel 1994 per fermare la gioiosa macchina da guerra, ma la gratitudine non può significare che ogni volta che si indica una strada diversa si incorre in una lesa maestà". "Non ci può essere una lesa maesta perchè non c'è un popolo di sudditi ma di cittadini", ha aggiunto. "Chi ha incarichi istituzionali deve rispettare tutte le altre istituzioni - continua Fini - Quando il premier chiede giustamente di vedersi riconosciuta la funzione assegnatagli dagli elettori, deve esserci rispetto per tutte le altre istituzioni, a cominciare dal Capo dello Stato, punto di riferimento nel rispetto della Costituzione". "Non ho mai contestato la leadership di Berlusconi ma, e ho fatto bene, l'attitudine a confondere la leadership con il ruolo che nelle aziende hanno i proprietari", punge poi il presidente della Camera. Per il presidente della Camera il premier confode "governare" con "comandare", ma "Berlusconi ha il diritto di governare e pensare a scorciatoie per via giudiziaria per toglierlo di mezzo rappresenterebbero davvero una lesione della sovranità", afferma Fini accennando alla riforma della giustizia. "Bisogna smettere di affidare al dottor Stranamore Ghedini di trovare una soluzione, non ci vogliono leggi ad personam, ma leggi che tutelano il capo del governo, non la cancellazione dei processi, ma la loro sospensione". Fini fa anche un riferimento alle vicende di questa estate e attacca quelle che ritiene le campagne contro la sua persona e non solo. "Ho fiducia nella magistratura e aspettiamo che sia la magistratura a stabilire le responsablità. Vado avanti nonostante il metodo Boffo, gli attacchi infami, non tanto contro di me, ma contro la mia famiglia. Una cosa tipica degli infami". Gianfranco Fini ha poi definito la natura del nuovo organismo formato alla Camera e al Senato con i gruppi parlamentari. "Fli non è An in sedicesimo. Chi lo pensa non ha capito nulla: Fli è lo spirito autenitico del sogno Pdl. È pensare che la transizione possa finire", ha detto Gianfranco Fini, sottolinenando che il Pdl "è un partito che ormai non c'è più". Decretando la morte del Popolo della libertà Fini si smarca dal partito che ha contribuito a fondare: "Non potrà accadere che Futuro e libertà possa rientrare in ciò che non c'è più", ha sottolineato, "ora si va avanti". Attualmente, ha aggiunto, "c'è il partito del predellino, Forza italia che si è allargato". A proposito Fini si toglie qualche sassolino dalla scarpa per "qualche colonnello che ha cambiato generale e che forse è già pronto a cambiarlo ancora". UN PATTO FINO AL 2013 - Dunque Fini va "avanti": "Non rientriamo nel Pdl e non ci facciamo intimidire. Non ci saranno cambi di campo o ribaltoni". "Andiamo avanti per ricostruire il Pdl senza cambi di campo, ribaltoni o ribaltini - ha detto - Andiamo avanti con le nostre idee nell'ambito dei nostri valori, senza tatticismi, convinti di onorare il patto con gli elettori, ma tutto e fino in fondo senza dimenticarne qualche parte e senza aggiungerne qualcuna che nel programma non c'era e poi diventa l'emergenza", ha sottolineato ancora Fini. "E quando il premier verrà in Parlamento per presentare il programma per i prossimi anni della legislatura: giustizia, Sud, federalismo, tasse, sicurezza, è di tutta evidenza che i nostri capigruppo parleranno chiaro e forte e senza distinzioni tra falchi e colombe, perchè non siamo appassionati di ornitologia, ma di dibattiti politico. Saranno chiari nel dire che sostrerremo lealmente il governo, ma da donne e uomini liberi chiederemo come si traduce in realtà il titolo riforma della giustizia, il titolo federalismo, il titolo riduzione delle tasse". Sul supporto al governo, quindi, Fini assicura che "il sostegno leale a quei punti" che il premier presenterà alle Camere, "ma noi chiederemo, e non dovrà esserci negato, di discutere di come si traducono in realtà. Per integrare il "diritto al dissenso" invocato dal presidente della Camera e la necessità di una colalizione solida di governo, per Fini c'è bisogno di un "nuovo patto" per "garantire il proseguimento della legislatura" e consentire al governo Berlusconi di "arrivare al termine". Questo concetto, secondo Fini, "lo conosce anche Bossi". Fini cita il leader della Lega anche sul tema controverso del federalismo, "possibile solo nell'interesse di tutta l'Italia. E Bossi è un concreto, lo sa perfettamente, sa che è possibile garantire al nord" il federalismo solo se sarà fatto "nell'interesse di tutta l'Italia, non soltanto della parte più sviluppata del Paese e a scapito del Mezzogiorno". "E' avventurismo politico quello di minacciare elezioni nella speranza di intimidirci - dice da Mirabello -. Governare è anche fatica nel trovare compromessi. Confidiamo nella volontà e responsabilità di tutti. Il fallimento di questa legislatura, sarebbe un fallimento per tutti, per chi vi parla ma anche per Silvio Berlusconi" perché "quando ottieni un consenso così ampio il primo dovere non è quello di liquidare" le opinioni differenti "ma quello di governare". E a proposito di elezione Fini lancia una "proposta che so essere provocatoria: la sovranità popolare significa che le elettrici e gli elettori devono avere il diritto di scegliere i loro parlamentari". Dunque, ha aggiunto, "è semplicemente vergognoso, e faccio mea culpa, che ci sia la lista prendere o lasciare", dice Fini aprendo a una riforma della legge elettorale che reintroduca le preferenze. "Fli deve anche fare tutto il possibile per affiancare ai soliti due temi, federalismo e giustizia, anche altri temi come quello di far ripartire l'economia", propone ancora Fini. "Anche per essere coerenti con il monito del capo dello Stato e delle imprese" perchè "c'è un'Italia preoccupata e sfibrata - ricorda ilpresidente di Montecitorio - L'ottimismo si deve tradurre nella capacità di fare la riforme. Il nostro governo ha ben fermato la crisi, ma oggi dobbiamo far ripartire l'economia". "È impossibile che nonostante i 'ghe pensi mi' si debba ancora attendere per conoscere il nome del ministro allo Sviluppo economico?", si chiede Fini, ricordando che "serve un patto tra capitale e lavoro per rilanciare l'economia", rilanciando anche di "intervenire sul cosiddetto quoziente familiare per far sì che chi ha figli, anziani e disabili a carico abbia un peso fiscale minore", puntualizza. IL CUORE OLTRE L'OSTACOLO - "Va avanti l'impegno di Futuro e Libertà in nome dei valori propri del progetto di un grande centrodestra liberale, nazionale, riformatore, sociale ed europeo", ha poi concluso dopo circa un'ora e venti minuti di discorso il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha esortato le migliaia di persone assiepate nella cittadella ricavata in questo centro a 20 chilometri da Ferrara a "gettare il cuore oltre l'ostacolo" a rendere onore "ai sogni di quando avevamo 18-20 anni e non pensavamo di assumere cariche elettive. Di quando - ha concluso citando Ezra Pound - eravamo soliti dire che se un uomo non è pronto a battersi per le sue idee o non valgono nulla le sue idee oppure non vale nulla lui".