Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Napolitano: all'Europa mancano leader e coraggio

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano durante il suo intervento alla cerimonia del Ventaglio

  • a
  • a
  • a

"Io non vedo pericoli di morte imminente, ma vedo difetto di visione e di coraggio". Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenendo in collegamento video dal Quirinale con il workshop Ambrosetti, ha ribadito la sua fiducia nell'Europa, esprimendo comunque alcune perplessità sull'Unione. "Una nuova generazione di leader a cui io che vi parlo posso solo trasmettere con passione il testimone  - ha detto Napolitano - potrà nascere nel prossimo futuro: ma non per miracolo, bensì attraverso una vasta mobilitazione nella società civile e nella società politica, un impulso di opinione pubblica informata e competente". Così "Continuo ad essere - ha affermato - razionalmente un credente nell'Europa". Per il Capo dello Stato, "l'agenda per l'Europa si presenta quest'anno più esigente che mai. Agire efficacemente, col massimo di convinzione e di ambizione, è, alle soglie del 2011, questione vitale per il nostro comune futuro. Se nelle mie parole coglierete un elemento di drammatizzazione, vi prego di non considerarlo come ingenerosa sottovalutazione degli sforzi compiuti nel 2010 nè come manifestazione di pessimismo e tantomeno come espressione di arte della retorica. Il problema è che, a mio avviso, non dobbiamo edulcorare la drammaticità delle prove che l'Europa è stata chiamata ad affrontare nell'urto con la crisi globale, nè la drammaticità delle incognite e delle sfide che pesano sullo sviluppo e sul ruolo dell'Europa". Per cui, "più saremo franchi e crudi con noi stessi più potremo farcela".   NESSUN PAESE CONTERÀ COME IN PASSATO - Richiamando la necessità di una azione unitaria europea, il presidente ha affermato: "Soltanto parlando con una sola voce e portando avanti una politica estera e di sicurezza comune l'Europa può contare nella politica internazionale". Per il capo dello Stato "è giunto per tutti il momento di riconoscere che nessuno Stato nazionale europeo, nemmeno i più forti, i più ricchi di tradizioni storiche, perfino imperiali, nemmeno i più ricchi ed economicamente avanzati, nessuno potrà con le sue sole forze contare come nel passato, se non contribuendo a costruire un'Europa più unita, integrata, efficiente e dinamica". Positiva è stata per Napolitano l'azione svolta dalla Banca Centrale Europa. Rispondendo a una domanda del suo Presidente, Trichet, il capo dello Stato gli ha dato atto di aver "saputo tenere la barra del timone dritta nelle tempeste della crisi globale e anche dell'attacco all'Euro", senza perdere di vista "l'esigenza della crescita". In risposta al Primo Ministro belga Leterme sulle riforme necessarie, il Capo dello Stato ha sostenuto la necessità di attuare la "questione di una più aperta competizione, concorrenza, e quindi rafforzamento delle regole del mercato interno che hanno corso qualche rischio, anche di ripiegamento protezionistico se non nazionalistico: farlo raccogliendo le indicazioni del rapporto Monti, e lavorando in modo particolare ad aprire alla competizione l'area dei servizi rimasta abbastanza al riparo dalla unificazione che via via, nel corso dei decenni, si è compiuta in altre sfera del mercato e dell'attività economica". PDL: GOVERNO LUNGIMIRANTE - "Il presidente Napolitano nel suo intervento al forum Ambrosetti ha colto in modo dettagliato e obiettivo sia i dati drammatici della situazione di crisi internazionale, sia gli impegni assunti dall'Europa e dai vari Stati per affrontarla, dando atto a chi, come il governo italiano, si è mosso con lungimiranza per uscire anche dall'impasse della Grecia", dichiara Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. "Quanto alla politica industriale,invece, il nodo - peraltro già affrontato dal governo - è quello della riduzione del carico fiscale, delle relazioni industriali cooperative tratteggiate nei vari tavoli di intesa cgil cisl e uil con governo e Confindustria e di infrastrutture, il tutto molto lontano dallo statalismo della politica industriale anni Sessanta-Settanta rappresentato dalla Legge 675 che e' fallita proprio per queste ragioni", conclude.  

Dai blog