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E D'Alema tifa per l'inciucio

Massimo D'Alema

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Fa sapere che alle primarie di coalizione voterà il leader del suo partito, cioè Pier Luigi Bersani. Difende Gianfranco Fini (contro cui, denuncia, è «in atto un uso squadristico dell'informazione») e gli tende la mano: «È un uomo di destra, ma una destra che critica Berlusconi e che ha il senso della legalità mi interessa come interlocutore». Così come corteggia Pier Ferdinando Casini che, stando all'opposizione, può essere un alleato. Massimo D'Alema parla alla festa del Pd a Torino e non rinuncia a nessuno dei capisaldi della sua linea. Ritiene uno «scandalo» che il governo non abbia ancora nominato un nuovo ministro dello Sviluppo economico dopo le dimissioni di Scajola («un segnale anche dell'assoluta inadeguatezza e incapacità del presidente del Consiglio a governare il Paese») e prende spunto dal richiamo del Capo dello Stato sulla necessità di una politica industriale «nuovamente seria» per sottolineare come «ancora una volta l'agenda personale di Berlusconi schiaccia i problemi reali del Paese», visto che il governo «vorrebbe bloccare il Parlamento per discutere di una legge per sistemare i suoi processi». Ma è sull'ipotesi di elezioni anticipate che il lìder Maximo dà il meglio di sé. Sarebbe «sbagliato», spiega, tornare a votare con questa legge, bisognerebbe cambiarla prima nell'interesse del Paese, ma «se la situazione precipita», assicura, «abbiamo possibilità di vincere le elezioni. Non da soli, ma in compagnia con questa legge elettorale». In ogni caso, da esperto della materia, aggiunge che per la Costituzione italiana si può cambiare governo anche senza tornare al voto (lui lo fece nel 1998 ndr). «L'idea che un governo nato da una convergenza in Parlamento non sia legittimo è antidemocratica. Non è vero - insiste - che in Italia si elegge il presidente del Consiglio. La legge dice che si indica il leader della coalizione, ferme restando le prerogative del capo dello Stato. Questa deriva plebiscitaria, questo disprezzo del Parlamento e dei partiti, questa idea della democrazia in cui ci sono il capo e il popolo, in cui la democrazia rappresentativa viene cancellata, è un male». Sa di essere «controcorrente» ma in fondo, dice scherzando sull'intervista rilasciata qualche giorno fa dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, «cosa rischio? Al massimo di essere «rottamato». In un passaggio del suo intervento D'Alema affronta anche la vicenda Melfi, definita «sgradevole», bacchettando la Fiat e il suo ad per le loro scelte nei confronti dei tre operai licenziati di cui il giudice del lavoro ha ordinato il reintegro: «Marchionne ha dimostrato una grande forza ma ha commesso errori e assunto atteggiamenti sbagliati. Io sono d'accordo con chi dice che con lui bisogna interloquire e che ci vuole coraggio per relazioni industriali di maggiore collaborazione». Detto questo, D'Alema riconosce «errori» anche parte di «certe componenti della Fiom» e chiede alla Cgil di «discutere» con uno «spirito da sindacato federale».

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