Si riunisce il "partito" dell'Ambrosetti
Mentre il Pdl tenta alla meglio di ricomporre i cocci e tra finiani e berlusconiani sono in attivo i pontieri per riallaciare debolisimi fili di dialogo, dietro le quinte, nascosto (ma non troppo), c'è la falange dei terzopolisti. Niente a che vedere con un grande centro nè con una ammucchiata cattosinistroide. I protagonisti di questa cordata «del cambiamento» provengono dall'area dei cosiddetti poteri forti e hanno una sponda in quella frangia del Pd da tempo insofferente alla linea del segretario Bersani e sensibile alle istanze del mondo imprenditoriale. C'è un filo rosso che lega Enrico Letta-Montezemolo-Bernabé-Passera e che ha in Paolo Mieli, direttore de la Repubblica, una voce attenta. Le punte di questo «movimento» sono l'amministratore delegato di Intesa SanPaolo Corrado Passera e il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo. Più volte sollecitati su un possibile impegno politico hanno smentito seccamente e in modo risentito: hanno già un lavoro da fare, rispondono. Eppure non perdono un'occasione per intervenire sul dibattito politico, per randellare la classe dirigente e vestire i panni degli interpreti fedeli dei bisogni del Paese. Ovvero: cambiamento, cambiamento e cambiamento. È la parola magica che ricorre nei loro discorsi. Così ecco che Passera, alla platea di VeDrò, un pensatoio bipartisan ma ispirato da Enrico Letta, disegna la figura del leader che «deve essere capace di guidare il cambiamento». E questo fa il paio con l'intervista firmata da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, dove Passera sulle dune di Sabaudia dà lezioni su cosa necessita al bene del Paese, mettendo i voti a questo e a quello. Di Montezemolo si è ampiamento scritto da mesi, di quel suo «vorrei-non vorrei-ma se vuoi» con la politica che al momento ha partorito solo una Fondazione, Italia Futura, con relativo sito, che accoglie interventi al vetriolo contro la classe politica ma, guarda caso, non ha dedicato una sola riga al discorso di Marchionne dalla platea di Cl a Rimini. Finora interventi in ordine sparso e qualche incontro estivo in barca. Il vero laboratorio di questa alternativa liberal-imprenditoriale, però si apre domani a nella Villa d'Este a Cernobbio dove fino a domenica si confronteranno, rigorosamente a porte chiuse, i big della finanza, dell'economia anche stranieri, più alcuni politici. Cosa c'è di strano se alcuni grandi del mondo economico si riuniscono per riflettere sui destini del Paese? Qualcuno avrebbe da obiettare. Niente, se non che pochi giorni fa il presidente delle Generali, Cesare Geronzi, parlando al Meeting di Cl a Rimini, ha marcato la differenza tra quell'incontro «ben diverso da quello di Cernobbio» al quale, ha sottolineato, lui non è mai andato. Come mai Geronzi, che pesa ogni parola, ha sentito l'esigenza di misurare le distanze dall'evento di Cernobbio? Viene da pensare che c'è qualcosa di più della distanza che separa la cosiddetta finanza cattolica di cui Geronzi è un rappresentante illustre da quella laica. Il presidente delle Generali al Meeting di Rimini ha usato parole favorevoli verso il governo. Di segno contrario invece gli interventi di Passera e Montezemolo che insieme a Enrico Letta e all'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, sono ospiti fissi a Cernobbio. Si delinea quindi una sorta di «cordata Cernobbio» che domani si riunirà a Villa d'Este. Un retroscena de Il Riformista ventila l'ipotesi di un intervento di Geronzi (Generali è azionista di Rcs) sul Corriere della Sera relativamente all'ampia intervista a Passera. Un'intervista che non sarebbe stata gradita nemmeno al presidente di Banca Intesa, Bazoli che non vedrebbe di buon occhio le fughe in avanti terzopoliste. Di qui i due articoli al vetriolo che hanno provocato la replica diretta di Passera. Tutto lascia intendere quindi che la partita è solo agli inizi e che sviluppi potrebbero venire proprio da Cernobbio, off de record naturalmente e come si conviene allo stile del Workshop.