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A Mirabello i finiani si allenano guardando il pugilato sul ring

I finiani Fabio Granata, Italo Bocchino e Giorgio Conte

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MIRABELLO (Ferrara) - Davanti al palco è stato montato un bel ring. Un ring vero. Tanto che Enrico Brandani, capogruppo finiano del Pdl a Ferrara, esclama: «Oh, ragazzi, capisco che ci prepariamo a una battaglia. Ma non vi pare di esagerare un po' con una scenografia così aggressiva?». Ma no, gli rispondono, il ring è per la sera visto che in programma c'è un incontro vero di boxe tra la Pugilistica Padana di Ferrara e la Boxing Croazia. La festa di Mirabello, la storica festa dove - nel paesino della mamma di Fini - Almirante annunciò che il suo successore sarebbe stato appunto Gianfranco, è un po' la fotografia del mondo finiano di oggi. Un guazzabuglio. Una miscellanea. Un gran mischione che dà il senso del provvisorio che prova a guardare al futuro. Tanto che Innocenzo Imperi, l'uomo dei gadget della destra dai tempi del Msi, nel suo solito stand ha portato oggetti neutri: maglie con la scritta "Italia", felpe dell'Aeronautica, crest delle Frecce tricolori. Non c'è nulla di Generazione Italia tanto che qualcuno tra il pubblico maligna: «Le cose che fa Bocchino non durano una generazione». Imperi corregge: «C'è un intero angolo per Generazione Italia». E neanche una cravatta di Futuro e Libertà? «Ma che sei matto? Famo le cravatte per una cosa che fra du mesi manco c'è più». Come? Scompare? Macché, farà largo al partito. A un nuovo partito. Perché qui a Mirabello non c'è uno che non dia per scontato la costituzione del nuovo soggetto.   E che soggetto sarà? A girare per gli stand assomiglierà a una specie di Forza Italia prima maniera, una sorta di Forza Italia versione '94. Un partito liberaldemocratico di centrodestra. Con dentro di tutto di più. L'estrema destra, la destra, garantisti e colpevolisti, ultrà cattolici e laici, centristi, polisti, terzopolisti, filoberlusconiani e antiberlusconiani. Nell'angolo della libreria, che a destra ha sempre avuto un significato particolare, c'è un intero muro del volume di Fini, «Il Futuro delle libertà», l'unico vero verbo e collante politico. Nei banchetti laterali i soliti best seller missini e post missini: il libro su Carlo Borsani, il volume di Nino Arena sulle foibe, «Ciao Pinuccio» di Gianni Mastrangelo e finanche il sempre verde «Giorgio, la mia fiamma» di donna Assunta che pure ha pesantemente criticato proprio Fini. Tutto va bene perché ora l'obiettivo, spiega il finiano Enzo Raisi, «è dimostrare che ci hanno tolto i colonnnelli e non l'esercito». Squilla un cellulare: «È Scalìa dalla Sicilia, dice che ha preparato un charter con duecento persone. C'è qualcuno che li può andare a prendere all'aeroporto di Bologna?». Si temono le contestazioni della Destra, del Pdl ma a dare una mano ci pensa il sindaco Pd Adriana Poltronieri: «Lo sapete che mi hanno chiesto un'altra autorizzazione per un banchetto qui fuori?». Arrivano fuoriusciti del Pdl, ex An poi confluiti nell'Udc, delusi e scontenti del centrodestra, naufraghi della politica. C'è lo spontaneismo. Ad aprire la festa ci pensa la mamma ottantaseienne di Vittorio Lodi, l'ideatore della festa: la signora fu anche la grande amica di donna Danila, la mamma di Gianfranco. E ci sono i grandi tavoloni al ristorante da seicento posti (quest'anno un po' ristretto perché si temeva di fare flop) che sforna i tortellini a otto euro e gli spaghetti allo scoglio a dodici. Il nuovo partito è pronto a correre alla Camera da solo (lo sbarramento è al 4%) e con Casini al Senato per arrivare al fatidico 8%, vuole parlare di federalismo, riappropriarsi della battaglia del Nord seppur rivisitata e corretta. Vuole parlare al mondo delle professioni e a quello dell'agricoltura, al mondo delle imprese. Non ha giornali e non ha tv, sfrutterà il più possibile il web. Pare che Fini stia finalmente imparando a mandare le mail.

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