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Sul processo breve la tensione col Pdl resta alta

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A Mirabello Gianfranco Fini non annuncerà la nascita del suo nuovo partito. Anzi cercherà di gettare acqua sul fuoco: ribadirà la lealtà al governo e al programma con cui il Pdl ha vinto le elezioni. Prima delle conclusioni, previste domenica alle 19, farà il punto con i fedelissimi al ristorante «I Durandi». Ma gli esponenti di Futuro e Libertà si spaccano, tanto che indiscrezioni continuano a ipotizzare che il via libera al nuovo movimento arriverà il 6 novembre, quando ci sarà la convention di Fare Futuro a Perugia. I finiani più moderati suggeriscono all'ex leader di An di aspettare la ripresa dei lavori parlamentari per non offrire alibi al Pdl che potrebbe arrivare al braccio di ferro sui quattro pilastri dell'azione del governo, ribaditi da Berlusconi: Sud, federalismo, giustizia e fisco. I «falchi» di Fli, invece, vorrebbero accelerare lo strappo.   Carmelo Brigulio spiega: «Sia chiaro che mi atterrò alle decisioni che saranno prese collegialmente, ma secondo me, la nascita di un nuovo partito è lo sbocco naturale del percorso politico fin qui fatto. L'ultima parola, però, spetta a Fini e solo a lui». Dal canto suo il Pdl potrebbe andare incontro ai finiani, facendo slittare la riunione del collegio nazionale dei probiviri convocato per il 16 settembre. All'ordine del giorno ci sarebbe proprio la questione del deferimento dei tre «dissidenti» Briguglio, Bocchino e Granata. Fini è tornato ieri a Roma, dopo aver trascorso le vacanze ad Ansedonia. E ha avuto subito i primi grattacapi. Sul processo breve, infatti, le tensioni si sprecano. Uno dei «falchi» finiani, Fabio Granata, precisa che «compromessi sulla norma transitoria non sono possibili, noi non la votiamo». Quanto all'eventualità di un rinvio della riunione dei probiviri Granata è netto: «Il rinvio a novembre sarebbe solo un timido segnale della volontà di non acuire i contrasti ma non serve, non basta. L'unico segnale serio è tornare indietro su quel documento del Pdl che ha sancito l'espulsione di Gianfranco Fini dal partito». Il capogruppo di Fli a Montecitorio, Italo Bocchino, ci mette il carico da undici: «La Camera non è notaio del Senato, non si può pretendere che si voti lo stesso testo uscito dal Senato. Il testo così com'è per noi è da modificare. Non può essere votato a scatola chiusa e non accettiamo che ci venga dato un aut-aut di questo tipo». Il ministro-coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa, rimanda le critiche al mittente e riafferma che il ddl relativo al processo breve «è già stato votato al Senato e pensiamo di votarlo così anche alla Camera». Gli fa eco il capogruppo a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, secondo cui le proposte sul processo breve sono «ragionevoli ed eque».  

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