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La crescita del Paese accelera e le imprese italiane corrono

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L'amministratore delegato dell'Eni paolo Scaroni l'ha messa addirittura giù pesante dicendo che preferisce investire in Libia piuttosto che nel Mezzogiorno d'Italia. Tra i numerosi vantaggi che secondo il numero uno del «cane a sei zampe» c'è l'assenza di assenteismo che invece è una piaga del nostro Paese in generale ma in particolare delle regioni meridionali. L'Eni ha in programma di effettuare in Libia un massiccio investimento, ben 25 miliardi di dollari. Negli ultimi anni, il Paese di Gheddafi è diventato uno sponda allettante per le imprese italiane. La Libia ha registrato ultimamente tassi di crescita del pil reale sostenuti, grazie alla rapida crescita del segmento non-oil (in particolare costruzioni, trasporti, telecomunicazioni e commercio) e alla aumentata capacità produttiva nell'oil&gas. L'economia rimane comunque fortemente dipendente dagli idrocarburi, che incidono per il 54% del pil. E proprio questo rapido sviluppo ha acceso l'attenzione delle imprese europee e in particolare di quelle italiane che hanno con i libici un rapporto privilegiato. Dai dati del ministero dello Sviluppo Economico emerge che circa la metà dell'interscambio complessivo dell'Unione europea con la Libia riguarda l'Italia che si colloca al primo posto, dietro Francia, Germania e Spagna.   Il nostro Paese importa soprattutto petrolio (per due terzi) e gas naturale per il 20%. Se per il primo settore la Libia è il nostro principale mercato di provenienza, per il secondo diventa il terzo, posizionandosi alle spalle di Algeria e Russia. Nel paese sono presenti circa 100 imprese italiane, prevalentemente collegate al settore petrolifero, alle infrastrutture, ai settori della meccanica e dei beni strumentali e delle costruzioni. Anche le piccole e medie imprese italiane si stanno gradualmente avvicinando al mercato libico. Il maggiore investitore nel Paese è L'Eni, presente in Libia sin dal 1959 con le società Eni Oil e Eni Gas ed altre del gruppo operanti nel settore degli idrocarburi come Saipem, Snam Progetti. Altro investitore è l'Iveco del gruppo Fiat presente con una società mista ed un impianto di assemblaggio di veicoli industriali. Numerose aziende operano nel settore dei lavori civili (Impregilo, Bonatti, Garboli-Conicos, Maltauro, Enterprise), nei trasporti (Tarros, gruppo Messina, Grimaldi, Alitalia), nella meccanica industriale (Technofrigo e OCRIM). Imprese italiane sono presenti anche nei comparti delle centrali termiche, (Enel power), nell'impiantistica (Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip, Gemmo, ecc.). In Libia è presente anche Telecom. Non è stato trascurato il settore del credito con la U.B.A.E., Arab Italian Bank, con sede di rappresentanza a Tripoli. Il ministero poi fa sapere che il governo ha attivato una serie di strumenti finanziari agevolati per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese italiane in Libia ma dal 2008 ad oggi, l'utilizzo è purtroppo quasi inesistente. Finora sono state effettuate solo 3 operazioni con questi finanziamenti per un importo complessivo di circa 1,7 milioni.

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