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L'autunno di Obama è già pieno di spine

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.Inteso come declino dell'obamismo. Le elezioni di midterm sono alle porte e, finite le primarie, la campagna elettorale entra nel vivo. Il rinnovo del Congresso rischia di rappresentare una debacle per i Democratici. Perdita quasi sicura della maggioranza al Congresso, fortemente in bilico quella al Senato. Ma la sconfitta elettorale pesa anche sul voto per eleggere i governatori in 38 Stati dell'Unione. Le elezioni di midterm sono da sempre un referendum sull'operato dell'inquilino della Casa Bianca e questa volta il risultato sembra abbastanza scontato. Secondo un sondaggio Gallup, il Grand Old Party stacca i democratici del presidente Barack Obama di ben 10 punti percentuali, ipotecando un buon margine di consensi in vista del voto per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato. La rilevazione attribuisce, infatti, al partito all'opposizione il 51 per cento delle preferenze, contro il 41 dei democratici: uno scarto tale, a una sessantina di giorni dall'appuntamento elettorale, non si registrava dal 1942. Dati, però, che non debbono impressionare. Nel 1994, due anni di presidenza Clinton, i repubblicani guadagnarono la maggioranza in entrambi i rami del Congresso: non avveniva da quarant'anni. Clinton, però, portò a termine la sua presidenza e conquistò anche un secondo mandato. La situazione attuale è diversa. Il primo presidente afroamericano forte di un consenso plebiscitario in appena venti mesi ha visto perdere il suo appeal con l'America. Un paradosso se si pensa cosa ha fatto in questi due anni. Barack Obama ha dato agli americani una riforma sanitaria che ben cinque presidenti avevano cercato invano di promulgare. È riuscito a varare quella riforma della finanza che ha limitato gli strapoteri delle lobbies capaci di trascinare gli States e non solo, nella più grave crisi finanziaria. Obama ha riportato a casa i soldati dall'Iraq, ha dato una scadenza per la missione in Afghanistan. Ma non è sufficiente. Troppi morti in terra talebana. Troppo pesante il peso della crisi economica: aumento dei disoccupati, lavoratori costretti ad accettare tagli dei salari. Il 20 per cento dei proprietari di case in ritardo con i pagamenti dei mutui e oltre il 60 per cento ha ridotto o cancellato le vacanze questa estate. A far risorgere, poi, il comatoso partito dell'Asinello, la disponibilità di Obama, in nome della libertà di religione, della costruzione di una moschea a due passi da Ground Zero. Quasi un autogol che ha risvegliato il partito del «no» e dato forza ai repubblicani alla vigilia del nono anniversario dell'Attacco all'America. Scelte che hanno scontentato anche l'elettorato democratico. «I repubblicani sono molto più entusiasti dei democratici riguardo al voto, e in questo momento hanno il vantaggio più ampio dall'inizio dell'anno», spiega Frank Newport, responsabile dell'istituto Gallup. I Gop cavalcano il cattivo umore dell'opinione pubblica. I Tea party scavalcano a destra l'establishment e Sarah Palin, l'ex candidata alla vice presidenza vede la sua stella salire alta nel cielo Gop e affila le armi per le presidenziali 2012. Il suo candidato a governatore nell'Alaska, Joe Miller, ha sconfitto la senatrice uscente, Lisa Murkoswski, ribaltando ogni pronostico. Una seconda consacrazione popolare, Sarah l'aveva ricevuta sabato scorso. Parlando sotto il Lincoln Memorial a Washington, è stata accolta dall'ovazione della sua gente, i patrioti anti-tasse ultraconservatori, chiamati a raccolta a migliaia dall'anchorman Glenn Beck. Dieci settimane al voto, ma alla Casa Bianca non si perdono d'animo. Predecessori illustri come Reagan e Clinton hanno perso le elezioni di midterm e poi furono rieletti. E se la paura è la vera protagonista di questa campagna, Obama può ancora contare su un consenso personale che altri presidenti non avevano. Ma la crisi del partito democratico è la vera spina nel fianco di Obama. Dopo la sua vittoria nel 2008, il partito si è disunito. Alcune scelte di Obama non sono state gradite e soprattutto i suoi candidati alle poltrone di governatori sono stati impallinati alle primarie. Lo stesso capogruppo al Senato, Henry Reid, ha attaccato il presidente per la posizione presa sulla moschea a Ground Zero. Polemiche e incertezze che Obama cerca di esorcizzare tuffandosi nella politica estera: al via i colloqui per il Medio oriente e rilancio l'offensiva in Afghanistan. Temi, però, che a disoccupati e famiglie in crisi poco interessano e che restano affascinati dai toni esasperati dei Tea Party.

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