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Il nemico d'oro

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il leader libico, Muammar Gheddafi, all'Accademia libica in Italia

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Se n'è andato. Muammar Gheddafi ha lasciato ieri l'Italia dopo una visita di 48 ore che, politica internazionale, strategie anticrisi e accordi economici per le imprese italiane in Libia a parte - ma cosa volete che siano? - sarà ricordata soprattutto per il «folklore» del rais e le polemiche. Smantellata la tenda beduina e richiamati all'ordine i purosangue berberi, il colonnello, in camicia sahariana marrone e con gli immancabili occhiali da sole neri, ha salutato il Belpaese. Il leader libico è andato via - è bene ricordarlo - dopo aver festeggiato l'anniversario di un Trattato di Amicizia. A leggere i giornali di ieri, non si direbbe. È ancora guerra al colonnello. È il quotidiano Avvenire a prendere una posizione netta, tirando le somme della due giorni romana del rais. Lo fa attraverso un editoriale in prima pagina firmato dal direttore Marco Tarquinio. Il titolo parla chiaro: «Una incresciosa messa in scena o forse solo un boomerang». Il giornale della Conferenza episcopale italiana, pur plaudendo all'«idea di un Mediterraneo "mare comune" dei popoli che gli vivono attorno, specchio di culture e di economie amiche e in serena collaborazione», parla di un «avvenimento con aspetti sostanziali e circostanze, per così dire, volutamente folkloristiche.   Ma anche con momenti incresciosi e urtanti». Tarquinio fa riferimento alle lezioni di Corano impartite da Gheddafi alle centinaia di hostess reclutate per l'occasione - «sessione di propaganda islamica» le definisce - e si chiede a quale leader cristiano sarebbe stato concesso di «predicare» in un Paese di tradizione e maggioranza islamica. L'editoriale riserva quindi un attacco al Tg1, sostenendo che lo spettacolo del leader libico è stato reso possibile «anche grazie a un tg pubblico incredibilmente servizievole e disposto a far spiegare alle otto di sera della domenica che il colonnello ha esercitato il "dovere" di "ogni musulmano: convertire" gli altri». Franco Frattini non è d'accordo: «Ogni giornale ha la sua legittima opinione da sostenere - ha spiegato il titolare della Farnesina alla richiesta di un commento - io questa opinione non la condivido. Ritengo che al di là delle modalità e delle esposizioni che usa il leader Gheddafi, questa sia stata una visita che conferma un ruolo importante dell'Italia - ha concluso il ministro degli Esteri - non è un caso che l'Italia è l'unico Paese che ha rotto i ponti con il passato fascista-coloniale, altri Paesi anche europei non lo hanno fatto». In realtà anche all'interno della maggioranza c'è chi non ha gradito. Le parole del colonnello non sono piaciute a politici cattolici come Maurizio Lupi e Mario Mauro: «Quel richiamo alla necessità che l'Islam diventi la religione dell'Europa ha una portata dirompente», sostengono e si chiedono: «È ancora opportuno offrire il nostro Paese come palcoscenico per gli spettacoli del rais?» Barbara Saltamartini, responsabile delle Pari Opportunità del Pdl, pur mostrando la sua indignazione, non vuole fermarsi a facili strumentalizzazioni: «L'attualità pone in questi giorni alla nostra attenzione questioni assai importanti che richiedono il massimo impegno. Penso, ad esempio, alla barbarie che sta avvenendo in Iran, dove una donna inerme, Sakineh, rischia di morire lapidata», racconta la deputata Pdl. «Temi che dovrebbero farci riflettere seriamente sulla fragilità della condizione femminile, specie all'interno di culture diverse dalla nostra. Per questo - spiega - le «lezioni» di Gheddafi alle giovani donne italiane suscitano indignazione, sia per il metodo utilizzato - la selezione di hostess a pagamento - sia per i messaggi provocatori e discutibili lanciati dal leader libico circa l'identità della donna e quella della cultura occidentale. Tuttavia - aggiunge - proprio la complessità di questi temi imporrebbe all'intera classe politica italiana una trattazione seria e finalmente responsabile, svincolata dalle piccole e grandi beghe nostrane, invece essi continuano ad essere strumentalizzati, volgarmente e a piene mani, nel calderone di appelli e anatemi». Opinioni discordanti tra i leghisti. Netto Luca Zaia: «I suoi inviti all'islamizzazione Gheddafi li vada a fare a casa sua». Per il presidente del Veneto il colonnello ha grande carisma, ma avrebbe dovuto essere ricevuto in Italia «come un qualsiasi altro cittadino». Più buono nei confronti del rais - e più concreto - Giancarlo Galan: i vantaggi della visita di Gheddafi in Italia «sono superiori al folklore». Il ministro dell'Agricoltura non ha dubbi: «Sotto c'è anche grandissima sostanza e ci sono imprese italiane che ne avranno notevoli vantaggi». La guerra al colonnello riesce addirittura ad unire maggioranza e opposizione: «Inviteremo 200 uomini libici ad una lezione sulla Bibbia e sulle radici della cultura europea», provocano le parlamentari Nunzia De Girolamo (Pdl) e Paola De Micheli (Pd) durante «veDrò», il think tank di Enrico Letta che si sta svolgendo in questi giorni in Trentino. Alla fine, comunque, il «nemico» è andato via. Di una appariscente tenda beduina nel giardino di un'ambasciatore non c'è più traccia. Le lezioni di Corano, le provocazioni, il folklore, le polemiche - prima o poi - verranno dimenticati. Dopo le ipocrisie, la Libia «tornerà» un Paese amico, e il Colonnello un «nemico» d'oro.

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