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In Toscana Storace fa la festa a Gianfranco Comizio finale sfidando Mirabello

Il capogruppo de La Destra alla Regione Lazio Francesco Storace

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La sfida a Gianfranco Fini è lanciata e, a sentire Francesco Storace, è semplicemente frutto del caso. Il leader de La Destra, infatti, braccio «destro» del presidente della Camera quasi vent'anni fa, chiuderà la festa del suo movimento domenica alle 18. Stesso giorno, stessa ora dell'intervento del numero uno di Montecitorio a Mirabello. L'appuntamento de La Destra è invece da venerdì a Ponte Buggianese, vicino a Pistoia. Lì il movimento guidato da Storace ha organizzato tre giorni di incontri e tavole rotonde. Inevitabile che si parli soprattutto di Fini.   Onorevole Storace, si confronterà a distanza col presidente della Camera... «Più che altro sarà un derby della coerenza».   Con prospettive differenti. «Bè, da quella parte ci sarà rancore verso Berlusconi, mentre da noi soltanto la voglia di essere protagonisti con l'orgoglio di non aver mai ammainato la bandiera».   Si rivolgerà a Fini nelle sue conclusioni? «L'ho sfidato a un dibattito televisivo, ho anche scritto le otto domande da rivolgergli, tanto per facilitargli il compito. Ma non c'è stato niente da fare, non ho ricevuto risposta. Nelle mie conclusioni chiederò di nuovo a Fini come si fa a vendere un bene come la casa di Montecarlo a società off shore e, soprattutto, come può finirci dentro un parente».   Mi scusi Storace, ma lei ha organizzato scientificamente il suo comizio lo stesso giorno e alla stessa ora di quello di Fini? «È stata solo una coincidenza. Ma la storia vive anche di queste casualità. In ogni caso sono convinto che a Ponte Buggianese ci sarà più gente che a Mirabello».   Ne è sicuro? «Certo. Intorno a Fini ormai c'è tanta delusione. Uno che si chiude nel Palazzo e non risponde alle domande che gli vengono poste diventa inquietante».   Lei conosce bene Fini. È rimasto sorpreso dal suo atteggiamento? «Nel '91 ero capo ufficio stampa del Msi, alcuni anni dopo, nel '94, sono entrato in Parlamento e ho vissuto profondamente quella stagione. Proprio per questo ho più diritto di altri a essere stupito. Fini era davvero tutto il contrario di adesso. Ha sempre avuto, anche se non pubblicamente, un'ostilità nei confronti di Berlusconi, lo considerava come un intruso nella politica. Poi ha cominciato a sbandare: le posizioni sul fascismo come male assoluto, a favore della cittadinanza agli immigrati e contro la Chiesa per il referendum sulla procreazione assistita. Ecco, a quel punto gli intrusi sono diventati gli elettori». Ma lei non fece niente? «Niente? Chiesi ovviamente di fare il congresso per verificare se i nostri militanti la pensassero come Fini o come me. Ma lui non lo concesse mai. E poi critica Berlusconi. La verità è che il premier è per Gianfranco quello che lui fu per An. Fini sta subendo il contrappasso».   Lei invece ha scelto di fondare La Destra. «Ho ricominciato dal basso e ho faticato parecchio. Se avessi aderito al Pdl magari avrei fatto il ministro. Ma per me era più importante la coerenza». Adesso invece si è riavvicinato a Berlusconi... «Ci vediamo e ci sentiamo spesso ma ci tengo alla mia autonomia». Non si sente un po' ingombrante per la presidente Polverini nel Lazio e per il sindaco Alemanno a Roma? «No. La Polverini ha vinto per 70 mila voti, noi gliene abbiamo dati 100 mila. Renata lo sa. Con Alemanno, invece, si sta riaprendo la strada del dialogo». Quindi è ottimista? «No. Sono realista, come sempre».

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