Nel Pd riparte il festival delle esternazioni
Ormai non è più una notizia. Il Partito democratico vive delle sue contraddizioni, dei suoi litigi, della capacità dei suoi dirigenti di dire sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato. Senza questo, probabimente, nessuno si accorgerebbe dell'esistenza del principale partito dell'opposizione. Così, complice anche il ritorno in pubblico del segretario Pier Luigi Bersani dopo il lungo silenzio estivo, ecco ripartire la fiera delle esternazioni. L'altro giorno era stata Rosy Bindi a dare fuoco alle polveri stoppando la candidatura di Walter Veltroni e agitando gli uomini più vicini all'ex segretario. Ieri, invece, è riapparso il sindaco di Firenze Matteo Renzi che dopo aver vestito i panni dell'«Obama italiano», ultimamente era un po' finito nell'ombra. Il suo è un ritorno con il botto. «Il nuovo Ulivo? - si chiede sulle pagine di Repubblica -. Uno sbadiglio ci seppellirà. Mandiamoli tutti a casa questi leader tristi del Pd». E ancora: «Se vogliamo sbarazzarci di nonno Silvio, dobbiamo liberarci di un'intera generazione di dirigenti del mio partito. Non faccio distinzioni tra D'Alema, Veltroni, Bersani...Basta. È il momento della rottamazione. Senza incentivi». Quindi il sindaco demolisce il «nuovo Ulivo» lanciato da Bersani: «Berlusconi ha fallito e noi stiamo ancora con le formule, le alchimie delle alleanze. I nostri iscritti, i simpatizzanti, i tanti delusi che aspetterebbero solo una parola chiara per tornare ad impegnarsi, assistono sgomenti ad un imbarazzante Truman show». Immediata la replica del vicepresidente dei deputati Pd Michele Ventura che rispolvera il vecchio adagio della «ditta» che non va picconata: «Mi rattrista che sprechi l'occasione di un'intervista soltanto per criticare i dirigenti del Pd. È il momento di fare gioco di squadra, come dice Bersani, al Partito democratico non servono uomini soli». Un appello che l'ex Popolare Beppe Fioroni sembra raccogliere quando, intervistato dalla Stampa, parla del disagio dell'anima cattolica del partito: «Evidentemente c'è una piccola parte del Pd che non vedrebbe l'ora che ce ne andiamo. Noi ci stiamo con la schiena dritta». Anche se subito dopo avverte il segretario: «Se il nostro obiettivo è fare un'alleanza per il governo del Paese, dobbiamo cercare un soggetto che ampli i consensi di centrosinistra. Se questo non si trova, è chiaro che il candidato del Pd è il segretario. Ma per governare il Paese, bisogna fare questo tentativo. Se mi si dice che non si trova, la mia risposta è: cerchiamolo». Che tradotto vuol dire: con il nuovo Ulivo il candidato premier non sarà Bersani. Uomo avvisato, mezzo salvato.