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La strategia Ibra non si ferma E un altro colpo è dietro l'angolo

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Il Piano Ibra funziona. E il restyling dell'immagine del premier pure. Silvio Berlusconi prosegue lungo la strategia del mercato calcistico, per convincere anche sul piano politico. Per dire all'Italia, non solo ai milanisti che si ritrovano in rosa un fenomeno in più, che lui c'è. Rilancia. Ed è lì per vincere. Lo spettatore lo fa solo quando si siede sugli spalti di San Siro per applaudire il suo Milan, devastante in casa contro il Lecce (4-0). Non è un caso se resta seduto a tifare rossonero al fianco di Zlatan Ibrahimovic, nuovo gioiello per il quale è (ri)sceso in campo personalmente. Chi da casa l'ha visto inquadrato dalle telecamere, sì anche quelli che da sinistra l'avranno ringraziato in silenzio come il rossonero Enrico Letta, ha capito che è tornato trionfante in mezzo al popolo. E Berlusconi, col colpo-Ibra, ha tutta l'aria di aver solo inaugurato lo schema vincente calcio-politica. Nonostante il triplice fischio dell'arbitro Peruzzo a fine match, riparte all'attacco e sotto le gradinate dello stadio annuncia «che, se ce ne fosse bisogno, sarei disposto a un ulteriore acquisto». Robinho del Manchester City? chiede il cronista di Controcampo. Lui non lo nomina, ma fa già sognare: «Se un certo giocatore a cui siamo interessati si rivelasse acquistabile, allora si potrebbe anche fare». Di sicuro è soddisfatto di ciò che ha già messo in campo: «L'acquisto di Ibra, inizialmente, pensavamo di non poterlo portare a casa, ma alla fine siamo riusciti a fare il colpo. Era l'unico che poteva rinforzare veramente l'attacco. Ora il Milan non ha nulla da invidiare ad alcun trio in tutta Europa». «È dai tempi di Van Basten che aspettavo un giocatore come lui che potesse tenere la palla tra i piedi in attacco. Finalmente lo abbiamo portato al Milan». Certo è che l'euforia milanista per il Presidente ha alternato in questi ultimi anni periodi alti e bassi. Comprese le decine di contestazioni da parte di chi lo vedeva disinteressato, lontano dalla società e dalla squadra. Lui non si tira indietro: «Mi hanno accusato di aver perso entusiasmo per il Milan negli ultimi anni. È vero, ma solo perché non ero d'accordo con le scelte tecniche su Pato e Ronaldinho. I risultati, come abbiamo potuto vedere tutti, mi hanno dato ragione». E le proteste? «Io sono in politica e ne sento di tutti i colori. L'ingratitudine fa parte delle masse», spiega il premier lasciando San Siro. Mentre dietro di lui si rialza già quell'antico coro che ricorda i successi del '94, tra Coppa dei Campioni e trionfi politici. Il Piano-Ibra è appena iniziato.  

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