L'ultima tentazione di Walter
Sarebbe l'ultima tentazione di Walter Veltroni: candidarsi alle primarie di centrosinistra per sfidare di nuovo Silvio Berlusconi. Alle elezioni del 2008 ha fatto lievitare i consensi del Partito democratico fino al 34 per cento. Poi ha lasciato senza dare troppe spiegazioni, rinunciando ad andare al congresso (pur avendo una maggioranza bulgara) ed è rimasto in silenzio per alcuni mesi. Nel frattempo Pierluigi Bersani è diventato segretario del Pd ma, nonostante le difficoltà del centrodestra, non è riuscito a dare un equilibrio al partito, costruendo un'alternativa credibile. Anzi. Le correnti si sono moltiplicate, come le ambizioni personali. Fino a tornare all'anno zero: niente leadership e percentuali ridotte di quasi il dieci per cento. Da parte sua Veltroni, pur avendo subìto dopo le elezioni del 2008 il bombardamento quotidiano dei soliti «strateghi» della Sinistra, non gli ha mai messo i bastoni tra le ruote. Del resto non è mai stato vendicativo. Ha guardato avanti. Anche quando il progetto del contenitore dei riformisti è sembrato arretrare, quando si è passati dalla logica maggioritaria a quella (più modesta) delle alleanze. Poi qualcosa è cambiato e Walter ha scelto di tornare a dire la sua. Prima dell'estate ha fondato una scuola di politica, pochi giorni fa ha scritto una lunga lettera al Corriere della Sera. Un manifesto che raccoglie i princìpi e i valori di Walter e che sembra qualcosa di più di un'opinione. Non che Veltroni abbia deciso di ricandidarsi alla guida del Paese ma i suoi lo incoraggiano e non lo escludono. Il suo braccio destro di una vita, Walter Verini, ora deputato del Pd, non si sbilancia ma in un'intervista al Fatto quotidiano non nega un possibile ritorno in campo dell'ex sindaco di Roma. «È prematuro parlarne - ha detto Verini - anche perché le elezioni anticipate sembrano allontanarsi. Per ora quello che conta sono i viaggi di Veltroni per ribadire la lotta alla mafia e la sua battaglia per la legalità, in un Paese dove si rischia la deriva autoritaria». Insomma, «è presto parlare di candidature». Presto ma non impossibile. Anche perché l'impegno di Veltroni continua. Tra poche settimane uscirà il suo ultimo libro, una conversazione con il giornalista Andrea Garibaldi sul centrosinistra italiano. Ripercorre i quindici anni più travagliati della politica italiana e le grandi sfide che attendono i progressisti. Il titolo è un programma (di governo?): «Rivoluzione democratica». L'idea di fondo resta sempre la stessa: la necessità di formare una grande forza riformista, in grado di cambiare il Paese. E mentre nel Pd si fa strada la candidatura alle primarie del segretario Pierluigi Bersani - rilanciata ieri anche da una parte dei Popolari - Veltroni preferisce «sparigliare» e guardare lontano. Con i suoi non ha mai ipotizzato un'altra discesa in campo ma loro lo vorrebbero. Anche perché, ragionano, la strategia di Bersani sta infilando il partito in un vicolo cieco. Se a questo si aggiunge la crescita di Nichi Vendola, allora è lo stesso progetto ad essere a rischio. E Veltroni è l'unico in grado di concentrare intorno a sé un'ampia parte della società civile. A Roma ci riuscì, conquistando anche le zone tradizionalmente schierate col centrodestra, lasciando a Gianni Alemanno una sonora sconfitta. Non è un caso che i suoi critici, quelli di sinistra, lo accomunino spesso nei modi a Berlusconi. Chissà che non si sbaglino.