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E Bersani cerca rifugio al meeting

Pierluigi Bersani

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RIMINI -  «Ha sbagliato addirittura la festa perché non lo avevano invitato». Quella del ministro Roberto Calderoli è solo una battuta, ma fotografa piuttosto bene il senso della «visita personale» che Pier Luigi Bersani ha fatto ieri al Meeting di Rimini. Il segretario del Pd è stato in questi anni una presenza fissa della kermesse di Comunione e liberazione, ma quest'anno non era tra gli invitati (Calderoli sì). A fare la differenza è stata proprio l'elezione al vertice dei Democratici. Invitarlo significava dare il via al gioco preferito di coloro che cercano sempre di mettere un'etichetta sul popolo di Cl. Bersani lo sa tant'è che, arrivando, spiega: «Quest'anno faccio un altro mestiere e posso capire i criteri che qui al Meeting si danno e che io rispetto assolutamente». Ciò nonostante il segretario ha fatto di tutto per esserci. Da giorni aveva fatto filtrare la notizia della sua possibile presenza senza mai smentirla nettamente. Un atteggiamento che ha costretto gli organizzatori a rincorrere, non senza imbarazzo, le voci. Forse Bersani sperava di poter girare a suo favore la situazione. Un messaggio di vicinanza al mondo cattolico per placare le ire degli ex Ppi che lo accusano di non essere sensibile alle loro istanze. Ma soprattutto un «bagno di folla» per dare concretezza alla tesi dei media che, da giorni, descrivono la delusione del popolo di Cl nei confronti del governo e del premier Silvio Berlusconi (anche lui non invitato a Rimini). Invece la sua è stata una visita quasi anonima. È arrivato. Ha incontrato il presidente della commissione Ue Barroso, quindi ha visitato due mostre ed è ripartito. Tutto qui. Nessun applauso caloroso, nessun fischio. E così, a verbale, rimangono le solite frasi affidate ai taccuini dei giornalisti. La necessità di un'Italia che «si lasci alle spalle Berlusconi». Il governo che non arriverà alla fine della legislatura. Le alleanze che dovrebbero portare alla creazione di un «nuovo Ulivo». L'impossibilità di pensare ad un percordo comune con Gianfranco Fini che vada oltre la discussione sugli «assetti costituzionali». Una stoccata a Giulio Tremonti che, proprio a Rimini, ha citato Enrico Berlinguer. Cose che avrebbe potuto dire davanti a qualsiasi microfono, in qualsiasi festa del Pd, in qualsiasi parte d'Italia. Invece, chissà perché, ha voluto assolutamente dirle a Rimini.

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