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«Dal Papa la ricetta anticrisi»

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(...)si è fermato nel 2009, a 1.41 nascite per donna nel 2009. Appena inferiore all'1.42 del 2008 e comunque lontanissimo da quel 2.1 che viene considerato il livello ottimale. È in questo scenario che Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, presidente dell'Istituto per le opere di religione (Ior) lancia la sua ricetta anticrisi: «Dobbiamo ritrovare i nostri fondamentali. Dobbiamo tornare a fare figli, in famiglie vere, dove vengono educati». E questo come può aiutare la crescita dell'economia? «Per tanti anni abbiamo pensato che non facendo figli saremmo diventati più ricchi, saremmo stati meglio. È successo esattamente il contrario: siamo diventati più poveri. Fare figli significa mettere in moto un circolo virtuoso. Significa sviluppo, investimenti, risparmio. Il risparmio è la base finanziaria che permette alle banche di riprendere a fare credito». A chi? «Alle piccole e medie imprese che creano lavoro e rappresentano la forza produttiva e la ricchezza dell'Italia. È finita l'epoca in cui le grandi imprese che trainavano l'economia facevano da riferimento per le scelte economiche». In verità c'è chi dice che in Italia non si fanno figli perché non esiste una vera politica a favore della famiglia. «In Italia non si fanno figli perché c'è paura del futuro. Il ciclo economico si è interrotto e, negli ultimi 15 anni, è stato drogato. Dobbiamo avere il coraggio di superare l'impasse. È la scelta che provoca il risultato». Secondo lei come può essere «aiutato» questo coraggio? «Come ha detto correttamente il ministro Tremonti, parlando al Meeting di Rimini due giorni fa, la scelta di tornare a fare figli passa anche da un sostegno fiscale alle famiglie e alle nascite. E poi la politica deve smetterla di lasciar pensare che fare figli provoca un impoverimento della società». Cosa c'è, secondo lei, alla base di questa errata concezione? «Una forma di nichilismo. L'uomo, invece di essere al centro del sistema sociale ed economico, viene considerato un mezzo di produzione e di consumo ed è ovvio, perché se è il frutto del caos o dell'evoluzione di un bacillo, in lui non c'è alcuna sacralità che ne giustifichi la centralità. Se si sviluppa provoca un consumismo sbagliato e inquina, quindi va ridimensionato». Una logica molto malthusiana. «Una forma di nichilismo. L'uomo viene visto come un pericolo per l'umanità. Si tratta di una questione di principio». Come cambiare questa impostazione culturale? «Basterebbe rileggere l'introduzione all'enciclica di Papa Benedetto XVI Caritas in veritate. C'è scritto tutto ciò che dobbiamo fare». E cioè? «La verità deve venire prima della libertà affinché la libertà sia responsabile. In questo modo la carità, cioè l'azione economica, sarà subordinata ai fini e non ai mezzi. E il fine principale è uno sviluppo integrale dell'uomo». Lei oggi sarà al Meeting, cosa pensa di questa manifestazione? «Io credo che ci sia grande bisogno di riferimenti morali che si sono persi. Di un pensiero etico che sia al di sopra delle pratiche di sopravvivenza. Al Meeting è in atto una riflessione profonda che coinvolge anche persone avulse dal contesto strettamente religioso». Una riflessione che potrebbe servire a riavvicinare i cittadini alla politica? «Bisogna sempre ricordarsi che la politica è uno strumento, un mezzo. Proprio per questo non deve avere un'autonomia morale. La politica è uno strumento e il fine è sempre lo sviluppo integrale dell'uomo». In questi giorni a Rimini si sono alternati i big di alcune delle più importanti imprese italiane. Possiamo dire che anche questo è un effetto della crisi e che oggi gli imprenditori stanno riscoprendo la centralità dell'uomo e la necessità di un confronto serio con la società? «Anche le imprese hanno bisogno di ritrovare il proprio ruolo. L'impresa non può prescindere dal rapporto con l'uomo. In questi anni, a causa di piani illusori e previsioni sbagliate questo raapporto si è perso di vista. L'unico strumento di misura del benessere è stato il profitto. Ma il profitto non può essere l'unico elemento che stabilisce cosa è bene e cosa è male per l'uomo. Oggi le imprese vogliono avere suggerimenti. Le faccio un esempio. Emma Marcegaglia è una persona che ascolta e fa domande. Si capisce che ha bisogno di essere aiutata ed è in cerca di suggerimenti. A Rimini ne ha trovati». Secondo lei si può dire che l'Italia, complice anche la vicinanza del Papa, è uno dei Paesi in cui impresa, politica e società stanno lavorando insieme e con più successo per rimettere l'uomo al centro del sistema economico? «L'uscita dell'enciclica Caritas in veritate ha generato una riflessione profonda ed è chiaro che, per cultura e visione etica, questa sia stata più forte nel nostro Paese dove, fortunatamente, ci sono ancora dei fondamenti. L'enciclica spiega perché c'è stata la crisi e come uscirne. E il Meeting dimostra che tutti, a prescindere dalla propria visione politica e culturale, possono e devono cimentarsi con questa riflessione».

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