Tremonti inaugura la svolta davanti al popolo di Cl
RIMINI - Non li nomina mai. Quaranta minuti senza un riferimento, neanche velato, all'Udc di Pier Ferdinando Casini o ai finiani. Non una battuta, una punzecchiatura. A parte qualche citazione e un invito a rileggersi gli scritti di Enrico Berlinguer sull'austerity del 1977, il nome che Giulio Tremonti, ospite del Meeting di Rimini, pronuncia più volte è quello di Silvio Berlusconi. E forse non è un caso. Il ministro dell'Economia è reduce dal vertice di Lesa che ha sancito una svolta nell'azione della maggioranza e dell'esecutivo. A Rimini è poco più che un messo mandato ad annunciare la «lieta novella». Così, un po' per spazzare via le voci che lo vogliono impegnato a tramare nell'ombra, un po' perché questo è il suo compito, arriva, parla e se ne va. La platea di Comunione e Liberazione, anche per la sua sintonia con il centrodestra, è il luogo perfetto in cui inaugurare il nuovo corso. In questi giorni da Rimini è arrivato un messaggio chiaro e forte all'esecutivo: basta litigare, basta agitare lo spettro delle elezioni, bisogna lavoare sui problemi concreti e far ripartire il Paese. Così, dopo aver portato il saluto di Berlusconi, Tremonti risponde. E lo fa spiegando che l'obiettivo del governo è proprio quello «di riaprire il cantiere delle riforme e delle cose da fare». «La tenuta dei conti pubblici - dice - è il presupposto per una politica che guardi avanti. Lo sviluppo non si può fare con il deficit, e non si può fare per decreto, dobbiamo immaginare una politica che ci dia una prospettiva vincente». Sia chiaro, il ministro dell'Economia rivendica con orgoglio quanto fatto dal governo in questi anni («Sulla sicurezza, e facciamo le nostre scuse alla malavita, sulla scuola, sull'università, sulla Pubblica amministrazione, sui cantieri aperti, sul contrasto alle emergenze e tra queste la crisi economica. In tutti questi temi abbiamo ragione di essere orgogliosi») ma non nasconde che tanto resta da fare. Per questo elenca otto punti che segneranno, di qui in avanti, l'azione dell'esecutivo. Perché, spiega, se i governi «non hanno la bacchetta magica», hanno però «il dovere di disegnare il quadro strategico, il software», un lavoro che «richiede il consenso e la collaborazione di tutti». Dalla dimensione delle imprese alla sburocratizzazione, dall'eccessivo peso della pressione fiscale al lavoro, dal Mezzogiorno fino all'istruzione e all'energia nucleare, Tremonti serve alla platea di Cl un programma ambizioso che guarda, inevitabilmente, al 2013. E il messaggio è chiaro: noi pensiamo a lavorare e intendiamo portare a compimento la legislatura rispettando il patto sottoscritto con gli elettori, se altri interromperanno questo percorso se ne assumeranno la responsabilità. La platea sembra condividere appieno questa impostazione. Applaude quando il ministro parla della necessità di «calcolare la remunerazione del lavoratore calcolata sugli utili dell'impresa» (un esperimento in tal senso, annuncia, potrebbe partire con Poste italiane). Applaude quando parla di semplificazione normativa. Applaude quando spiega che quella del Mezzogiorno non è una questione «regionale» ma «nazionale». E applaude quando annuncia che «bisogna ricominciare a ragionare sulla riforma fiscale» eliminando «i vecchi regimi» e dando spazio «solo a tre agevolazioni: famiglia, lavoro e ricerca». «Il dovere del governo - annuncia il ministro dell'Economia - è aprire questei temi a tutti gli uomini e i soggetti di buona volontà», nella convinzione che «se una cosa è giusta, è giusta a prescindere da chi la propone». «Nel vecchio mondo la politica scendava dall'alto verso il basso, le ideologie calavano sui popoli e sulla realtà - conclude -. Nel mondo che viviamo la politica deve procedere dal basso verso l'alto, dal basso che è in realtà l'alto della persona, della famiglia, della comunità». E «tutto questo è fondamentale per definire un modello politico e civile, che non contiene solo la solidarietà socialista, l'avidità mercatista, ma che contiene molto della carità cristiana, non solo l'avere ma anche l'essere, non solo interessi ma anche valori, non solo comprare ma anche donare». Il messaggio è consegnato, la platea applaude. Missione compiuta.