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B&B si bevono l'Udc

Bossi e Berlusconi

I centristi snobbano il Pdl

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{{IMG_SX}}Niente voto anticipato, almeno per ora. Il governo va avanti così, senza l'Udc. Questa è la linea emersa dal vertice di ieri tra Berlusconi e Bossi. Al termine di una settimana di velenosi botta e risposta tra Casini e Bossi e dopo stravaganti ipotesi di allargamento della maggioranza coinvolgendo centristi, rutelliani e delusi del Pd, ieri Silvio Berlusconi e il leader della Lega hanno trovato la quadra: niente voto anticipato, almeno per il momento. Il governo va avanti così, senza l'Udc. Una decisione che era nell'aria, ma che, durante il vertice nella villa del premier sul lago Maggiore, Berlusconi e Bossi sono riusciti finalmente a ufficializzare. Ed è stato proprio il Senatùr, lasciando Villa Campari, a spiegare ai cronisti l'esito del vertice: «Si va avanti così, ma senza Udc. Senza Casini. Si va avanti per realizzare il programma. Al momento niente elezioni». E così, almeno su due dei punti più controversi al centro dell'incontro, i due fedelissimi alleati sono riusciti a trovare l'accordo: Berlusconi, che inizialmente sembrava appoggiare l'ipotesi di allargare il governo ai centristi, ha assecondato Bossi. E l'Umberto, una volta avuta la certezza di non dover tornare a sedersi nelle stanze dei bottoni con gli ex Democristiani, principali nemici del "suo" federalismo, ha smesso di chiedere elezioni immediate. Ma è il terzo punto sul tavolo delle trattative che è rimasto ancora in sospeso: la questione dei finiani. Per il momento infatti sembra che tutto venga rimandato a metà settembre quando, al momento del voto sui cinque punti programmatici, il Pdl verificherà la lealtà del gruppo di Futuro e Libertà. Solo allora Berlusconi valuterà se a Montecitorio la maggioranza ha ancora i numeri per definirsi tale e in caso contrario potrebbe riaprirsi la strada per il voto anticipato. Un'ipotesi che per ora non sembra possa avere luogo (per esempio, sul delicatissimo punto della riforma della giustizia giunge un'apertura da Fli sulla creazione di uno "scudo" giudiziario per il premier) ma le diversità di vedute su molti altri punti tra i finiani e Berlusconi potrebbero rimettere tutto in discussione. E sono proprio i fedelissimi amici del presidente della Camera a cantare vittoria ieri ritenendo che l'esito del vertice sia la controprova della validità del loro agire politico. Una certezza che emerge dalle parole del capogruppo alla Camera Italo Bocchino : «Noi abbiamo garantito fin dall'inizio la fiducia al governo e la salvaguardia della legislatura, assicurando il nostro rispetto del programma elettorale». «Quindi - aggiunge - le affermazioni di Bossi circa l'inutilità di un ricorso alle urne sono totalmente condivisibili. Si conferma che quella delle elezioni anticipate era una boutade estiva». Ma è sul rinnovato veto del Senatùr sui centristi che Bocchino rilancia: «Noi ci eravamo detti contrari alla sostituzione della nostra componente con l'Udc perché noi rappresentiamo gli elettori che hanno votato questo governo, mentre l'Udc no». «Cosa diversa - ragiona Bocchino - è se il premier, nell'ambito di quella che ha chiamato una logica tatarelliana, raggruppasse una maggioranza più ampia alternativa alla sinistra, e ciò in maniera aggiuntiva e non sostitutiva di quelle forze che hanno vinto le elezioni. Infine anche Benedetto della Vedova, altro deputato finiano, si compiace: «Mi sembra che ora si possa mettere la parola fine alla strategia agostana dell'auto-ribaltone. Si torna alla realtà dei fatti».

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