Made in Italy: Urso in trappola
RIMINI «La gente, soprattutto i nostri imprenditori, vorrebbero che chi del governo ha responsabilità dirette, in Europa, si impegnasse a fare battaglie che sono di equità perché le regole europee non sono scolpite nel cielo di Bruxelles. Sono fatte di battaglie e negoziati, ma queste battaglie bisogna combattarle. Invece di perdere tempo con la politica politicante, bisognerebbe impegnarsi a fare ciò per cui gli elettori ci hanno votato». Raffaello Vignali non fa nomi, ma non è difficile individuare l'obiettivo del suo attacco. Il deputato del Pdl, vicepresidente della commissione Attività Produttive della Camera, ha seguito passo passo il percorso della cosiddetta legge Versace-Reguzzoni. Votata all'unanimità in Parlamento (solo un voto contrario) la norma prevede che un vestito o una scarpa, per poter avere l'etichetta made in Italy, debba avere almeno due lavorazioni effettuate nel nostro Paese. Un modo per tutelare soprattutto i cittadini. «Un esempio concreto è quello dell'intimo - spiega Vignali -. Molti capi, realizzati in Cina, hanno provocato malattie delle pelle perché là vengono trattati con prodotti vietati in Italia». I decreti attuativi devono essere pronti per il primo ottobre ma, nel frattempo, la legge necessitava della notifica della Ue che però l'ha bocciata. Che Bruxelles potesse avere delle resistenze era cosa nota ma ora, a far discutere, è l'atteggiamento tenuto dal governo italiano. Già, perché in assenza del ministro dello Sviluppo Economico, ad occuparsi della vicenda è stato il viceministro finiano Adolfo Urso. Che, dopo essersi astenuto in sede di votazione finale, avrebbe fatto poco o niente. Magari perché più preoccupato di dare il tormento al presidente del Consiglio. Così almeno dicono nel Pdl e nella Lega con Reguzzoni che già all'inizio di agosto lo aveva attaccato: «Se la volontà del viceministro è di cambiare la legge sul Made in Italy partiamo col piede sbagliato. C'è stato addirittura un colpevole ritardo di notifica della norma italiana da parte del ministero all'Unione europea, creando così problemi alle imprese. Se non vengono fatti i decreti attuativi, la responsabilità non è certo né mia, né del Parlamento che ha incassato in maniera veloce e bipartisan il via libera alla legge sul Made in Italy. Se Urso e il suo ministero continuassero a temporeggiare saremmo autorizzati a pensare che non vogliono davvero tutelare le imprese che producono in Italia». Insomma l'ennesimo scontro con i finiani è servito. E anche Giorgio Guerrini, presidente nazionale di Confartigianato, ospite del Meeting di Rimini, non risparmia attacchi: «Bisogna fare i decreti attuativi. Rinviare la legge sarebbe un segnale bruttissimo. Anche perchè questo testo tutela la parte più debole delle piccole e medie imprese. L'impegno dimostrato da chi si occupa di questi temi nel governo è stato insufficiente. Non so se perché distratti da altro, di certo non c'è stata passione. Questo Meeting mette a tema il cuore. Ebbene, se ci metti il cuore gli ostacoli li vinci, li superi».