Il Meeting boccia voto anticipato e governi tecnici
No al voto anticipato e al governo tecnico. Dalla platea del Meeting di Rimini arriva subito un messaggio chiaro al mondo della politica. Non servono strane alchimie, ma sarebbe altrettanto nocivo trascinare il Paese in una contesa elettorale che avrebbe come unico risultato quello di aumentare la confusione e la disaffezione dei cittadini nei confronti della istituzioni. Quello che serve è piuttosto una politica che affronti e risolva i problemi della società. Il primo a mettere le cose in chiaro è il presidente della Compagnia delle Opere Bernard Scholz che, intervistato dal Corriere della Sera, non lascia margini di dialogo: «Siamo contrari a governo tecnici. Aumenterebbe ulteriormente la sfiducia degli italiani nelle politica, mentre si tratta di costruire passo dopo passo. Spesso, se qualcuno fa un passo indietro, tutti possiamo fare due passi in avanti, nella politica esistono compromessi nobili». Insomma l'invito al presidente del Consiglio (smentita l'indiscrezione sua una sua possibile apparizione a Rimini ndr) è chiaro: basta con le beghe interne, occorre rimettersi al lavoro. «Ora si tratta di proseguire le riforme iniziate - prosegue -, di dare concretezza al lavoro intrapreso». Un invito che non può che raccogliere il plauso del segretario della Cisl Raffaele Bonanni che, ospite di una tavola rotonda con il Ceo di Intesa Sanpaolo Corrado Passera e il direttore centrale operazioni di Finmeccanica Giovanni Bertolone, ribadisce la sua posizione: «Sarebbe una follia se si dovesse arrivare alle elezioni anticipate. Il nostro Paese, che ancora non è uscito dalla crisi, non se lo può permettere proprio nel momento in cui gli altri stati si stanno dando da fare per trovare soluzioni utili al rilancio economico. Andare alle elezioni anticipate significa non affrontare un semestre disastroso». E sul governo tecnico chiosa: «Mi pare più una discussione estiva che un'opzione realmente percorribile» Per il leader sindacale è ora di farla finita con i «taumaturghi» e con la «cultura del ghe pensi mi»: «Bisogna percorrere la strada della partecipazione e dell'apertura al sistema sussidiario che rende più democratica la nostra comunità». Ma gli affondi nei confronti del governo non finiscono qui. «Tutti gli italiani - insiste Bonanni - sono molto inquieti da questa situazione: servirebbe una capacità di Governo non comune e invece, in questo momento, siamo bene al di sotto. Nessuno viene dalla luna, i problemi tra le forze politiche e i loro leader ci sono sempre stati, ma non bisogna mai varcare una certa soglia, ponendosi in una posizione totalmente distante dalle urgenze della comunità che oggi è indignata. Non è assolutamente piacevole assistere a tormentoni che non sono relativi ai problemi del Paese. Nessuno parla di uscire dalla crisi. E la mia critica va anche all'opposizione, che ritiene che il suo ruolo consista solo di dire il contrario di ciò che dice il governo». Anche Passera, pur con accenti diversi, non è da meno. Certo, quando gli si chiede cosa pensi delle elezioni anticipate, il Ceo di Intesa Sanpaolo non si sbilancia: «Solo Napolitano potrà valutare al momento giusto come uscire da questa situazione». Quindi aggiunge: «Il giorno che si andrà ad elezioni spero si possa andare sulla base di una visione sistema Paese e non sulla base delle miserie di questi giorni». Insomma anche lui, tra le righe, non sembra affatto entusiasta dell'ipotesi di un voto anticipato. Anche per questo rivolge un appello alla politica: «Bisogna mettere la crescita al primo punto del programma politico. Se non cresciamo si mettono a rischio le grandi conquiste sociali, come il welfare, che non sono acquisite se non c'è un livello di crescita che le finanzi». Il numero uno di Intesa Sanpaolo difende quanto il governo ha fatto negli ultimi 18 mesi per affrontare la crisi, ma ora serve «coraggio politico». Quindi anche lui, come Bonanni, spiega che «c'è indignazione a guardare la situazione del Paese sotto tanti aspetti: non si guarda alla soluzione dei problemi e alla costruzione del futuro del Paese. Le responsabilità sono di tutta la classe dirigente e non di un partito o della politica». In ogni caso sia chiaro lui non ha nessuna intenzione di scendere in campo: «Il mio discorso non va letto in maniera politica o partitica. La mia indignazione coinvolge tutti nella responsabilità».