Ma Bocchino sbatte la porta "Il nuovo partito si può fare"

Non abbiamo intenzione di dare deleghe in bianco. Non erano ancora uscite le prime indiscrezioni sul secondo vertice a Palazzo Grazioli e sull'ennesimo «prendere o lasciare» lanciato a Fini, che i finiani avevano già ribadito i propri dubbi sul processo breve e sul doppio Csm. Per Futuro e Libertà si tratta di punti che suscitano «fortissime perplessità». Così appena escono le parole di Berlusconi da Palazzo Grazioli ecco che il capogruppo finiano Italo Bocchino, già carico, replica a tono: «la logica del prendere o lasciare non appartiene alla politica ma al commercio». Non solo. Rincara la dose: «Se il Pdl considera Fini fuori da quel progetto, lui avrà il dovere nei confronti degli elettori di dar vita a un nuovo soggetto politico». La fiducia sui 5 punti del documento programmatico non è in discussione, ma, avverte Bocchino, «senza coartare la nostra libertà di approfondire alcuni temi, a partire dal processo breve». Non farlo, aggiunge il deputato di Futuro e Libertà Francesco Divella, sarebbe «sì un tradimento del mandato elettorale ricevuto». E da discutere, per i finiani, c'è ancora tanto. Non solo sulla giustizia, ma anche «sul punto relativo ai respingimenti - spiega il finiano Fabio Granata - e sulla materia concreta dei decreti attuativi il federalismo fiscale e sulle politiche di sostegno al Sud». Temi da sempre cari al presidente della Camera, Gianfranco Fini, tanto che sul periodico online di Farefuturo definisce «lodevoli intenzioni» i 5 punti del documento programmatico. A cominciare dalle politiche per il Mezzogiorno e da quelle fiscali. Dopo avere incassato l'esito del vertice Pdl di ieri come una vittoria, perchè a suo dire dimostra che il premier non ha nessuna «arma atomica» per annientarlo, annuncia l'intenzione di verificare in che modo le «lodevoli intenzioni» saranno poi tradotte nei singoli disegni di legge. Del resto, sottolinea Farefuturo con un corsivo a firma di Sergio Talamo, se da un lato i cinque punti «segnano un cambiamento di sostanza», dall'altro «c'è ancora un bel pò da capire». Sulla giustizia e sull'immigrazione, appunto, ma anche nel fisco, sul Mezzogiorno e sull'idea di un federalismo «non squilibrato e campanilistico». Per i finiani bisogna dunque «approfondire, scendere nel merito, emendare ciò che va emendato», perchè questo vuol dire «buona politica». «Se queste cose si faranno senza riserve mentali - sottolinea il corsivo di Talamo - accadrà guarda caso che si vareranno riforme della giustizia che interessano tutti i cittadini e nello stesso tempo tutelano, per il tempo del loro mandato, le figure di maggiore rilievo istituzionale». E accadrà anche, insiste il periodico di Fare Futuro, che «si approveranno misure utili all'ordine pubblico senza penalizzare i tantissimi immigrati che vengono in Italia per costruire il futuro dei loro figli e, incidentalmente, puntellano il nostro Pdl». Allora sì che sarà davvero un buon giorno per la democrazia italiana, «sia pure con la necessaria prudenza». Ma a rendere più incandescente il clima ieri si sono aggiunte alcune indiscrezioni riferite da Bruno Vespa ma poi da lui stesso corrette nei toni. In serata le agenzie scrivevano che Vespa dal palco di Cortina InConTra aveva rivelato un colloquio con Fini nel quale il presidente della Camera gli aveva confidato «il mio obiettivo politico è logorare Berlusconi». Poi in serata Vespa ha smentito: «Non ho incontrato recentemente il presidente della Camera e quindi non potevo raccogliere nessuna sua confidenza. È vero invece che uno dei suoi più stretti collaboratori mi ha detto che il cambiamento di opinione del gruppo finiano sulla legge sulle intercettazioni era fatto per logorare Berlusconi».