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E la Tulliani nel "tesoretto" ha anche cinque supercar

La compagna di Gianfranco Fini Elisabetta Tulliani e il fratello Giancarlo

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Nell'estate super cafona dei Tullianos a regnare è sua maestà la «machina». Con una «C» sola, alla romana. Tamarre, metalizzate, berline, city car...il parco è servito e ce n'è per tutti gusti. Non per tutti i portafogli. Per averle bisogna essere molto ricchi oppure essere le fidanzate di uno molto ricco oppure essere i cognati, i padri o le madri di uno molto ricco. Ed ecco che spuntano fuori i cavalli, non quelli del principe azzurro che esiste solo nelle favole. Nella vita vera bisogna tenere il motore su giri e soprattutto farsi intestare tutto. Come bene insegna Elisabetta Tulliani che dalla relazione con Luciano Gaucci ha portato a casa attici, soffitte, box, appartamenti, terreni, quote di società di calcio, quadri d'autore e gioielli. I beni mobili e immobili sono tutti contenuti nell'atto di citazione presentato al Tribunale di Roma dai legali di Gaucci contro la Ely, suo fratello Giancarlo, papà Sergio e mamma Francesca lo scorso 22 ottobre 2009. «L'attico di via Sardegna, poi il terreno nel Reatino, quello con immobili a Capranica Prenestina, la casa dove vive con Fini, le auto per tutta la famiglia, i quadri. Mamma mia, non mi ci fate pensare», aveva tuonato a inizio agosto l'ex presidente del Perugia dal buen retiro di Santo Domingo in un'intervista allo stesso settimanale. Dal garage dei Tulliani finora era spuntata solo la Ferrari 458 Italia insaponata all'autolavaggio di Montecarlo da «Er Pomata», come chiamano nella Capitale il cognatino di Fini. Motore da 570 cavalli, doppia frizione, 7 marce e velocità massima di 325 km/h. Costo 197 mila euro. Scura, che fa più aggressivo. Ricercatissima: le prime consegne sono state fatte a metà del gennaio scorso e la lista d'attesa è lunghissima. Impossibile aspettare tanto che il rampante Giancarlo, secondo indiscrezioni raccolte dal Riformista, avrebbe chiesto al potente cognato di fare uno squillo all'amico Luca Cordero di Montezemolo. Per accorciare i tempi e mettersi subito al volante, tronfio, accanto alla fidanzata bionda d'ordinanza. Ma adesso dall'elenco del tesoro di Ely, rivendicato dall'ex e pubblicato da Panorama, saltano fuori altre cinque «machine». Due Porsche, una Mercedes, un'Audi e una Mini Morris. Tutte acquistate all'autosalone Autocentri Balduina, di via Appia a Roma. E ovviamente tutte intestate alla Tulliani. Chissà come sfrecciava la Ely, capelli al vento, su e giù per il raccordo anulare. E chissà ai semafori che fischi a quella bionda sulla Porsche. Due, perché una serviva al fratello Giancarlo che ci arrivava allo stadio per seguire gli allenamenti della Viterbese facendosi ridere dietro dai tifosi. Impossibile poi rinunciare a Audi e Mercedes per le occasioni istituzionali, come le feste in ambasciata o le cene in trattoria da «Nando al pallone» dove i Tullianos portavano gli amici della lobby italoamericana. E la Mini per fare shopping in centro (mica la spesa al supermercato, sia mai) o andare dal parrucchiere (con la Porsche dopo ci si spettina). Anche se i soliti maligni della Capitale sussurranno che a viaggiare in Mini fosse soprattutto la «regina madre» Francesca Frau. Nell'elenco finito sul banco del giudice manca una bella Corvette rosa o il suv bianco, nuova frontiera del cafone arricchito. Ma ormai è passato qualche anno da quando la Ely e Lucianone si sono lasciati, non c'è stato il tempo di seguire le ultime tendenze. E manca anche un'altra «machina», la Bmw del pensionato Enel, Sergio. Gaucci sostiene di avergliela regalata lui. Che sia vero o meno, di certo il padre della Ely è stato più volte avvistato mentre la posteggiava nel parcheggio della Camera dei deputati. I Tullianos che «non devono chiedere mai» come in quella vecchia pubblicità del dopobarba, fanno tornare in mente la moglie del professor Alfeo Sassaroli di Amici Miei: chi se la prendeva, doveva portarsi a casa tutto il «blocco», cane Birillo compreso. E il «blocco» finito sulle spalle del nuovo Rambaldo Melandri, che oggi di lavoro non fa l'architetto ma il presidente della Camera, non si accontenta certo di viaggiare in Panda.  

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