Addio a Cossiga, presidente scomodo
Napolitano: "Un grande uomo di Stato"
Niente più delle lettere, scritte qualche anno fa ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, del Senato e della Camera, possono spiegare chi fosse in realtà Cossiga. Un democratico, un fedele servitore dello Stato, rispettoso delle istituzioni repubblicane. Innamorato della patria, e della Sardegna. Profondamente cattolico. Questo è stato Cossiga, ed è lui anche quando non vuole funerali di Stato. Non gli piaceva la retorica. E se potesse ora commentare le tante dichiarazioni di cordoglio ne sentiremmo delle belle. Anche perchè nei momenti più difficili si è sentito spesso lasciato solo. Ministro dell'Interno negli anni della lotta armata e delle Br. Nell'anno in cui guida il governo uccidono Mattarella, presidente della Sicilia, il vicepresidente del Csm, Bachelet, il giornalista Tobagi. Il 27 giugno del 1980 viene abbattuto il Dc 9 Itavia. Il 2 agosto scoppia la bomba alla stazione di Bologna. La sua presidenza della Repubblica coincise con la caduta del Muro e il crollo del comunismo. Dire quindi che la sua storia politica si intreccia con la storia d'Italia non è retorico. Picconatore, certo, ma di un sistema al capolinea. Sicuramente un uomo che ha servito lo Stato con un grande sacrificio personale. Ricordo il viso sofferente quando lasciò Palazzo Chigi dopo un anno terribile. In pochi mesi i suoi capelli erano diventati tutti bianchi, a soli 52 anni sembrava già vecchio. Due anni prima non era riuscito a salvare l'amico Moro. E poi Ustica, Bologna. E sui muri il suo nome storpiato con quel K e le ss che diventavano svastiche. E spesso lasciato solo, dai suoi stessi amici. L'unico Capo dello Stato per il quale è stata chiesta la condanna per alto tradimento. Nasce a Sassari il 26 luglio del 1928. A soli 20 anni è laureato in giurisprudenza. Aderisce alla Dc a 17 anni, a Sassari ci sono altre due importanti famiglie politiche: i Segni e i Berlinguer. Anzi del futuro segretario del Pci è anche parente. Cossiga vive i suoi anni giovanili impegnato a impedire che l'Italia cada sotto il pugno comunista. Aspetta i risultati del voto del '48 ed è pronto a battersi con ogni mezzo perché il nostro Paese non diventi una colonia dell'Urss. Arriva a Montecitorio nel 1958 a 30 anni. Nel '66 è nominato da Moro sottosegretario alla Difesa. E qui è chiamato a coordinare Gladio, sezione italiana di Stay Behind Net, organizzazione segreta dell'Alleanza Atlantica. Lo scopo era quello di ostacolare una eventuale invasione comunista. La vicenda venne alla luce più tardi con Cossiga al Quirinale, e che gli costò la messa in stato d'accusa. Cossiga diviene ministro dell'Interno a 48 anni, nel febbraio del 1976. Incarico che manterrà anche dopo il 20 giugno con la nascita del governo Andreotti, quello della non sfiducia con l'astensione del Pci. Cossiga si trova a fronteggiare gli anni drammatici del terrorismo. Le Br uccidono, nelle piazze esplode la violenza di autonomia operaia. Ma l'apice si raggiunge con il sequestro Moro. La Dc e il Pci spinsero per la via della fermezza: nessuna trattativa con i terroristi. Sul tavolo del ministro restavano senza risposta le lettere angoscianti di Moro, gli appelli degli amici e della sua famiglia. Fino a quella mattina tragica del 9 maggio 1978, con il corpo del presidente Dc fatto trovare in via Caetani in una Renault rossa, a due passi dalle sedi della Dc e del Pci. Misteri e incapacità. Cossiga sente il peso di quel fallimento e paga per tutti: si dimette. Intanto la politica italiana cambia. Finisce l'alleanza con i comunisti, nella Dc la linea Zaccagnini comincia a scricchiolare, così nell'agosto del '79 Cossiga viene chiamato a formare un nuovo governo. Resta in carica un anno. Un anno terribile come abbiamo visto. Nel frattempo la Dc sostituisce Zaccagnini con Piccoli, si rafforza l'alleanza con il Psi di Craxi. È un anno difficile anche per l'economia. L'inflazione è al 22 per cento e la Fiat lancia la sfida ai sindacati per mettere fuori dall'azienda 16 mila operai. È il 12 luglio del 1983 e il futuro picconatore, viene chiamato a presiedere il Senato. Apprezzato da tutti. Un uomo al servizio delle istituzioni. Così il 24 giugno del 1985, alla scadenza del mandato di Pertini è eletto, a soli 57 anni, il più giovane presidente della Repubblica. Al primo scrutinio, altro record. Merito di De Mita che lavora per l'elezione. La sua sarà una presidenza notarile, giurano in tanti. Ben diversa da quella dell'esternatore Pertini sgradito al Palazzo per aver cercato dal Quirinale un rapporto diretto con i cittadini. Cossiga si ispira a Einaudi più che al suo predecessore. Un ruolo notarile anche se fa un po' sensazione quando affida alla comunista Nilde Iotti un mandato esplorativo per formare il nuovo governo. Provocazione? Comunque il tentativo fallisce. La svolta nella presidenza arriva con la caduta del muro di Berlino nel 1989. Cossiga rompe il silenzio. È convinto che non sarà solo il comunismo a crollare ma anche la Dc. Inutile far finta di nulla. Prende a spallate un sistema politico ormai superato. De Mita e Andreotti sono i suoi bersagli. È guerra con la Dc che lo considera un po' folle e un po' traditore. Ma è convinto che sia arrivato il momento di trasformare il Paese. Nella sua polemica tira in ballo tutti: partiti e magistratura, il Parlamento e il ruolo del presidente della Repubblica. Piccona un sistema che sarà travolto da Tangentopoli. Polemiche sono anche le dimissioni, nell'aprile del 1992, due mesi prima della scadenza del mandato. Ma la fine di quel sistema è ormai dietro l'angolo. Il colpo finale lo daranno le inchieste di Tangentopoli. E Cossiga non resta silenzioso, segue la nascita della cosiddetta seconda Repubblica. E diventa anche tessitore. È determinante quando cade il governo Prodi per garantire la fiducia a D'Alema. Il primo ex comunista alla guida del governo. Ma protagonista è rimasto ancora con i suoi voti di fiducia mai scontati e con articoli e interviste polemiche. E forse ora possiamo ben dire che della sua saggia follia avremmo ancora bisogno. Un uomo scomodo per tutti, perchè libero.