Evasori aiutati dal condono
Nemmenoil condono riesce a redimere gli evasori. I furbetti della maxi sanatoria 2002-2004 stanno cercando di farla franca e dopo aver versato la prima rata e ottenuto i benefici del ravvedimento, stanno facendo di tutto per non saldare il conto con il fisco. In sostanza si sono dati alla macchia e il risultato è che all'appello a fine gennaio 2010 mancano ancora 4,6 miliardi. È quanto riporta fiscoequo.it, il sito di Lef, associazione per la legalità ed equità fiscale, secondo cui «il meccanismo previsto dal governo dell'epoca di garantire i benefici del condono anche con il versamento della sola prima rata si sta trasformando in un ulteriore regalo per gli evasori». Dei 4,6 miliardi, 2,95 miliardi sono relativi ad omessi versamenti e la parte residua di 1,65 miliardi per le altre forme di condono. Ad accendere i riflettori sugli esiti del condono è stata la Corte dei conti che in una prima relazione presentata nel novembre del 2008 aveva certificato in 5,2 miliardi le somme non ancora versate rispetto ai 26 miliardi dichiarati dai condonati. La furbizia degli evasori è stata in un certo senso favorita dalla stessa normativa sul condono che aveva stabilito per gli importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche e 6.000 per le società, il solo versamento della prima rata per rendere valido il condono. Questo ha consentito a molti evasori, una volta versata la prima tranche dell'importo prescritto, di scomparire di nuovo all'occhio del fisco. Proprio sulla scia dell'analisi della Corte dei conti si era cercato di correre ai ripari introducendo una serie di norme per facilitare la riscossione delle somme dovute. In particolare è stato permesso al concessionario della riscossione di agire direttamente in via di espropriazione immobiliare per i debiti da condono iscritti a ruolo di importo superiore a 5.000 euro, senza dovere prima procedere all'iscrizione di ipoteca ed attendere ulteriori 6 mesi per l'esecuzione. Inoltre, per attingere notizie sulla situazione finanziaria del debitore, è stato consentito all'agente della riscossione, decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale di pagamento, di accedere ai dati relativi ai rapporti bancari del contribuente moroso. Come emerge dalla relazione al rendiconto generale dello Stato 2009 della stessa Corte, risulta che fino a fine gennaio 2010 il recupero delle somme riscosse con il condono si è fermato a 786 milioni di euro, portando le somme ancora dovute a 4,6 miliardi. Lef sottolinea che «il legislatore dell'epoca, per rendere più appetibile l'adesione alla sanatoria fiscale e fare cassa, non ha vincolato l'efficacia del condono al versamento dell'intera somma dovuta». In pratica nei casi più rilevanti, cioè quando la somma da versare è risultata eccedere gli importi di 3.000 euro per le persone fisiche e 6.000 per le società, la parte eccedente poteva essere versata in due rate successive di pari importo, senza però che l'omesso pagamento di esse determinasse l'inefficacia del condono. In caso di mancato o insufficiente versamento delle somme rateizzate si sarebbe proceduto al loro recupero in via di riscossione coattiva. Pertanto, il mancato pagamento delle successive cartelle esattoriali non ha cancellato i benefici assicurati ai condonati dalla sanatoria, nè quelli di natura fiscale, nè quelli di carattere penale. Ad esempio, l'imprenditore o professionista, che fosse stato assoggettato a verifica fiscale con recuperi milionari, con il semplice pagamento della prima rata di 3.000 euro poteva ottenere la definizione dell'accertamento in sede fiscale e l'esclusione della punibilità per i reati tributari e per quelli non tributari connessi, in relazione ai quali non avesse avuto ancora formale conoscenza dell'esercizio dell'azione penale.