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Il Senatùr è un fiume in piena

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L'ariadella alta Valcamonica deve avergli risvegliato la voglia di sparare a zero contro tutto e tutti. L'Umberto è tornato tra la sua gente. E da lì, dove i leghisti esultano appena lo sentono urlare e lo applaudono se alza il dito medio per mandare a quel paese i fotografi impertinente, si sfoga. Boccia senza possibilità d'appello qualsiasi ipotesi di governo tecnico («nessuno sarebbe così matto da guidarlo»), rassicura i suoi sulla realizzazione del federalismo fiscale («non subirà alcun ritardo»), attacca Fini («troppo amico di Casini»), smonta le idee politiche di Montezemolo («i voti li abbiamo solo io e Berlusconi»), chiarisce il suo passato da pseudo comunista («partecipai a una manifestazione contro Pinochet»), parla di gabbie salariali («ci sta pensando la nostra Rosi Mauro») e elogia l'amico Giulio Tremonti («vuole bene a Berlusconi»). Ma la cosa che più lo eccita è sempre la solita: mobilitare il suo popolo, fare vedere quanto la Lega sia forte. E così, se lo spauracchio è quello che qualcuno possa immaginare l'arrivo di un esecutivo di solidarietà nazionale, lui mette le mani avanti: «Non passerà mai e poi le elezioni le ha vinte Berlusconi prendendo una montagna di voti». E continua: «Berlusconi porterebbe in piazza la gente. Se la Lega si unisce, tra Piemonte, Veneto e Lombardia sono milioni di persone, e tutti incazzati». Bossi comunque mostra ottimismo. È sicuro che «nessuno sarebbe così matto da guidare un governo tecnico con una coalizione alle spalle che non esiste più. Certamente ci metterebbero 5 minuti a formarlo ma durerebbe lo stesso tempo». Poi esclude anche l'ipotesi che il ministro dell'Economia possa minimamente ambire alla poltrona di presidente del Consiglio: «Tremonti vuol bene a Berlusconi e non gli farebbe questo dispetto. E poi io non lo appoggerei». Non lo appoggerebbe ma che tra il leader del Carroccio e Tremonti ci sia intesa non è certo un mistero tanto che è lo stesso Bossi a dichiarare che il 17 agosto sarà in Cadore per il compleanno dell'amico Giulio: «Ci vado e gli porterò in regalo un libro. Magari uno un po' noioso ma interessante di Arrigo Petacco intitolato Il regno del Nord. Il sogno di Cavour infranto da Garibaldi». Ma è su Fini e Montezemolo che Bossi si lascia andare. «Il presidente della Camera ha rotto con Berlusconi perché, forse, è troppo amico di Casini». In altre parole il Senatùr, di cui è arcinota l'antipatia politica con il leader dei centristi, fa ben intendere che ormai Fini è fuori dalla maggioranza e, «benché il premier stia provando a ricucire lo strappo nella maggioranza - continua Bossi - il rischio elezioni è alto». E sempre legandosi all'ipotesi del voto anticipato il numero uno di via Bellerio chiama in causa anche Luca Cordero di Montezemolo: «Se entra in politica cercherà di vincere e di agganciarsi a chi possa farlo». Ma le speranze di vedere Montezemolo entrare a palazzo Chigi l'Umberto le relega alla fantapolitica tanto che, immediatamente rassicura i suoi: «In Italia i voti li hanno due persone: io e Berlusconi. Se non fai l'accordo con uno o con l'altro come fai a vincere?». Sul tavolo di Bossi però non si parla solo politica nazionale sembra infatti che i leghisti stiano pensando anche alle amministrative del prossimo anno. Un appuntamento importante visto che in ballo ci sono città come Torino, Milano, Bologna e Napoli. E c'è chi giura che i lumbard, dopo aver ottenuto la presidenza del Piemonte e del Veneto, reclamino in particolare la poltrona di Letizia Moratti, che, nonostante le smentite, sembra non riscuotere più il gradimento di Berlusconi. E chi vorrebbe quella poltrona? Non è escluso che ci abbia puntato gli occhi lo stesso Bossi.

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