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Prove di dialogo tra Silvio e i finiani

Silvio Berlusconi

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Le colombe forse hanno ripreso a volare. Quel clima gelido che da giorni sembrava aver interrotto definitivamente i rapporti tra Berlusconi e i fedelissimi del presidente della Camera sembra che inizi a riscaldarsi. E così, il giorno dopo l'apertura del premier a Futuro e Libertà per «ritrovare quell'unità che ove mancasse» porterebbe al voto, tra finiani e Pdl sono iniziati timidi tentativi di dialogo. I toni si sono moderati, sono diventati più soft, tanto che qualcuno parla addirittura di un abboccamento tra Niccolò Ghedini e Italo Bocchino. L'oggetto del colloquio, logicamente smentito dagli interessati, sembrerebbe essere stata la polemica dei giorni passati sorta sullo scambio reciproco di accuse tra i due sulla casa di Montecarlo e sulla villa di Arcore. Ed è proprio su quest'ultimo punto che Ghedini, deputato del Pdl e avvocato del premier, ha voluto smentire la ricostruzione di contatti con il capogruppo alla Camera di Fli, Bocchino. Contatti che in realtà ci sarebbero stati con il preciso scopo di proporre un cessate il fuoco agli ex colleghi di partito.   In poche parole, la richiesta sarebbe stata quella di evitare ulteriori attacchi sulla dimora brianzola del premier in cambio di un «cessate il fuoco» sull'appartamento monegasco appartenuto ad An e «finito» in affitto al «cognato» di Fini. Patto che sembrerebbe aver trovato d'accordo Bocchino che ha replicato con una nota rinnovando l'invito a mettere fine alla campagna mediatica contro il presidente della Camera: «Da parte nostra c'è la volontà di lavorare insieme per proseguire la legislatura ma deve cessare la campagna contro Fini e la richiesta di sue dimissioni». Prove di dialogo quindi che però, nei termini, sottolineano come il fedelissimo finiano ha preferito parlare con il legale del premier e non con i tre coordinatori nazionali del Pdl dei quali nei giorni scorsi aveva chiesto le dimissioni per dare vita ad un confronto. E infatti, se da una parte il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto plaude all'ennesima apertura del premier nei confronti di Fli («Berlusconi ha proposto la questione in termini positivi. Ora é necessario vedere se qualcuno vorrà continuare su esercitazioni polemiche o se invece prevarrà la linea del buon senso e della responsabilità», dall'altra è proprio il coordinatore del Pdl, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, a dimostrarsi scettico: «Bene le parole ma alle parole mi auguro seguano i fatti in Parlamento». E continua sottolineando le profonde divisioni che ancora esistono all'interno dei finiani: «Che ci siano due posizioni diverse tra i finiani lo afferma Viespoli e quindi non sta a noi divaricare o unire ma solo prenderne atto». La strategia messa in campo dal Pdl è quindi chiara: riaprire il dialogo con una parte dei finiani e isolare i più oltranzisti per mettere in evidenza le divisioni interne al gruppo. Una strategia che spiegherebbe il perché del plauso, a partire da quello dello stesso Cavaliere, per i toni usati dai senatori di Futuro e Libertà. Parlamentari che, a partire proprio dal loro capogruppo Pasquale Viespoli, stanno dimostrando di lavorare per ricostruire un dialogo con il Pdl. Impegno portato avanti anche dai «pontieri» che siedono alla Camera come il vice capogruppo di Fli, Giorgio Conte («Riprendiamo il dialogo sui temi che interessano agli italiani») e il coordinatore del partito Silvano Moffa che difende l'operato del governo dalle critiche di Luca Cordero di Montezemolo: «Si deve tenere conto delle reali condizioni in cui ha operato il governo di fronte ad una crisi economica e finanziaria globale». E continua: «Rigeneriamo il patto di legislatura per realizzare le riforme in campo economico e sociale e quelle istituzionali».   Intanto la Lega sta alla finestra a guardare. Ed è proprio il capogruppo nordista alla Camera, Marco Reguzzoni a commentare: «Se un certo numero di deputati non appoggia più il governo, il voto è l'unica strada. Ma non è un esito scontato: i finiani ripetono di essere fedeli a governo e programma». Poi rievocando antichi flop di An, avverte il presidente della Camera: «Credo stia ripetendo l'errore dell'Elefantino, l'alleanza elettorale di An col Patto Segni nel '99: "Ci serviva un'identità, ho costruito un progetto politico, ho sbagliato" riconobbe. Se ora va avanti nella stessa direzione, la sua carriera politica è finita».  

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