Un altro in Ferrari
È il momento dei ferraristi in prima pagina. Ieri Giancarlo Tulliani, il cognato in affitto di Gianfranco Fini; oggi Luca Cordero di Montezemolo, l’uomo nuovo che potrebbe presentarsi in prima fila al Gran Premio della politica. Per ora siamo alle prove libere e a giudicare dai movimenti dei meccanici ai box non è che tutto fili liscio, ma il presidente della Ferrari ha detto due o tre cose che fanno pensare a una sua prossima discesa in pista. La sua presenza sui media è ben distillata, la tempistica ha un suo perché, la situazione politica potrebbe perfino giocare a suo favore. Dipende molto dal suo stile di guida: vedremo presto se Luca è un pilota da asfalto asciutto o bagnato. Quel che è certo è che nel circuito del Palazzo ora diluvia e il temporalone non è di quelli estivi, durerà a lungo, con grande piacere di chi è appassionato di testacoda e fuoripista. Montezemolo piace a sinistra, lo sanno tutti. Resta un mistero come un partito che dovrebbe guardare agli operai, alla classe media, ai diritti, ai pensionati, a quelli che hanno meno ma aspirano a volere di più, possa incoronare come suo alfiere un signore che rappresenta un mondo opposto. Montezemolo è elitario, ha una storia personale e professionale blasonata, ovattata, ricca, colma di aristocrazia. Fa parte di diritto del «club dei migliori». È il segno che il Pd non riesce a scendere dalla terrazza con le tartine per farsi un giretto in strada. Pazienza. Lui, Cordero di Montezemolo, ha già scelto il suo avversario: Berlusconi. La nota del suo pensatoio, Italia Futura, dice due cose: Silvio ha fallito, ma le elezioni ora no, meglio di no. Anche a Luca - come a Gianfranco Fini e a una vasta e assortita compagnia di giro - occorre tempo per organizzarsi e cercare di mettere in piedi qualcosa di credibile quando il Cavaliere sarà spompato dal logoramento che verrà. Quando Montezemolo romperà il ghiaccio, farà il pieno, monterà le gomme da bagnato e farà rombare il motore non si sa. Posso solo ipotizzare che le sue sortite pubbliche non siano frutto di un semplice capriccio intellettuale, ma abbiano un disegno un po' più ampio. Certo, nella vita ci si può tranquillamente accontentare - dopo aver avuto tanto - di fare un onesto lavoro culturale, di pungolare il potere a far meglio, di dar vita a un cenacolo intellettuale e cercare di influenzare l'azione politica. Per un tipo come Montezemolo però questo scenario non mi sembra credibile e direi che è riduttivo. Il suo orizzonte naturale sarebbe quello di esser «chiamato» a salvare la Nazione senza alcun passaggio alle urne. Tecnico non è, ma legato a una certa tecnocrazia da tempo vogliosa di rifarsi dopo l'era berlusconiana, lo è certamente. Stringere mani, sudare in mezzo al popolo, tenere comizi nei paesi, fare vita di sezione, non mi sembra il suo habitat naturale, piuttosto sarebbe perfetto per un governo di transizione, un regime change di Palazzo, un'orchestrata manovra che metta in fuorigioco il Cav e apra le porte a un pallido ed elegante governicchio del Salvatore della Patria. Il destino sta dando una mano a Montezemolo più di quanto s'aspettasse. Il suo amico Gianfranco Fini è alle prese con un caso piuttosto spinoso che riguarda un altro ferrarista doc, il cognato Giancarlo Tulliani. Il ragazzo è sparito in vacanza a bordo della sua Ferrari 458 Italia all black e, nonostante gli autorevoli appelli di Repubblica a spiegare come mai abbia preso in affitto a Montecarlo una casa che era di Alleanza nazionale, non si fa trovare. Questo scenario per Montezemolo è tutt'altro che problematico. È vero, s'è indebolito nel Palazzo una sua sponda importante, ma se Gianfranco si defila o, peggio, è costretto a lasciare lo scranno di Montecitorio per mancanza di spiegazioni plausibili, allora per Luca s'apre un vuoto da riempire. Il profilo di Montezemolo è di taglio diverso rispetto a quello di Fini. Quest'ultimo è un politico di professione, non risulta nella sua biografia altro che non sia il Palazzo. Luca invece è di alta caratura, è un uomo proiettato tra il jet-set (che seduce una parte degli italiani) e l'industria, con toni glamour e tocchi di nobiltà che tra le signore del belmondo (e non solo) tornano sempre utili. La domanda è facile eppure amletica: prenderà i voti? La mente della Ferrari potrebbe essere un buon candidato di un terzo polo, ma per essere vincente o quantomeno efficace bisogna cambiare la legge elettorale e, dunque, dovrebbe aspettare il gioco dell'oca del governo di transizione o come si chiamerà. Può aspettare, non ci sono dubbi. Anche se presentare come una ventata di novità anche Montezemolo è un filino complicato. Il ragazzo infatti il prossimo 31 agosto compirà 63 anni. Certo, sono dieci in meno di quanti ne conserva il Cavaliere, ma siamo ampiamente al di sopra della media dei leader europei. Insomma, il dato anagrafico con lui è una pistola scarica. Resta lui, il suo pedigree, il suo charme e una rete di relazioni che contano. Anche se alla Fiat la sua storia è sul viale del tramonto. In piena era Marchionne, il suo peso s'è affievolito, il ricambio generazionale al Lingotto è stato completato con la presa del volante da parte di John Elkan ed è chiaro che i piani di casa Agnelli sono molto eccentrici rispetto ai destini dell'Italia. Torino è la storia, ma l'avvenire di Fiat è in America. I finiani hanno salutato il suo primo vero uppercut contro Silvio con il sottile piacere di chi almeno può tirare un sospiro mentre infuria una battaglia enorme. Il sostegno di Futuro e Libertà in questo momento è scontato, a qualcosa i finiani debbono pur aggrapparsi e Montezemolo va benissimo, in attesa di uscire dal pantano. Con Pier Ferdinando Casini c'è un'alleanza fatta di passeggini (insieme a Fini) che corrono sui parchi della dolce Roma. Ma una cosa è parlare di bambini, pappe e pannolini, un'altra mettere insieme un progetto politico e prendere i voti degli adulti. Quelli che non viaggiano in Ferrari.