L'uomo ombra che inguaia Fini
Le prime tracce pubbliche di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta compagna di Gianfranco Fini, risalgono al 1999. Luciano Gaucci, imprenditore romano con il pallino per il calcio, che aveva comprato la Viterbese nel 1998, si trova nella stagione successiva con la squadra in C1. Un campionato importante per non mettere uno di famiglia a vigilare. Così Giancarlo si trova catapultato al comando, diventa vicepresidente a soli 22 anni, di una squadra che diventa anche un caso mediatico. Gaucci che conosce i meccanismi della comunicazione assolda una donna, Carolina Morace, per guidare la panchina. Cronisti e reporter arrivano nella città dei Papi da tutta Europa per intervistare la prima donna allenatore d'Italia. E Giancarlo comincia ad assaporare il gusto della notorietà e del potere. La Porsche Carrera blu, parcheggiata allo stadio ogni domenica che la squadra gioca in casa, ne fanno l'uomo più invidiato della città. In alcuni casi, però, anche il più odiato. I tifosi sono uguali dappertutto e Tulliani che altro non è che il braccio operativo e il vigilante di Gaucci all'interno della società si aliena le simpatie di giocatori e tifosi quando applica gli ordini, a volte considerati troppo punitivi, del presidente. Le tensioni toccano l'acme quando i giocatori disertano in massa un ritiro forzato imposto da Gaucci, in un albergo di Vitorchiano. Con Giancarlo a braccia conserte in attesa, vana, della squadra restano solo allenatore e massaggiatori. Lo strappo è duro. E a poco a poco il solco tra Tulliani e la tifoseria si amplia. La città è piccola e di lui comincia a girare anche un nomignolo: «Elisabbetto». Ovvio il riferimento al fatto che la sua posizione non sia dovuta a meriti speciali ma solo alla vicinanza della sorella al patron Gaucci. Il dileggio cittadino si sfoga anche contestando il suo look troppo snob: gilet della Fay sul completo grigio quando siede in panchina. Insomma il feeling tra il vicepresidente che abita in un appartamento di 100 metri quadrati nel quartiere medievale di San Pellegrino (comprato da Gaucci e a lui concesso in comodato) finisce presto. Chiusa la parentesi societaria, il fratello di Elisabetta torna a Roma e nel 2004 si butta nel settore immobiliare. Con il padre Sergio è, secondo la ricostruzione de Il Tempo sulla base delle visure societarie, tra i soci fondatori della Wind-Rose international srl, costituita il 4 dicembre 2004 per esercitare l'attività di intermediazione immobiliare sia in Italia sia all'estero. Comprare case ma non solo. Tra le attività anche «la prestazione di consulenza per consentire agli acquirenti l'acquisizione dei più convenienti mezzi finanziari per l'acquisto e la ristrutturazione degli immobili e ciò attraverso l'individuazione sia del tipo di di finanziamento più idoneo sia dell'ente erogatore» a questo si aggiunge la consulenza immobiliare. Insomma consigli per consentire a un compratore la migliore strategia per acquistare una casa. Un settore nel quale Giancarlo resta poco. Il 29 maggio del 2009, sei mesi dopo la costituzione, Giancarlo cede la sue quote (il 45% del capitale sociale) a una subentrante: Elisabetta Tulliani attuale proprietaria delle quote. Un business che non regala grandi soddisfazioni. L'ultimo bilancio depositato della società è quello del 2008, chiuso con una perdita di 14.563 euro. Un particolare va sottolineato. Il bilancio 2009, che secondo la legge dovrebbe essere (se approvato) depositato entro il 30 giugno, non c'è. Una facoltà concessa solo se il documento contabile che registra l'attività dell'esercizio non viene approvato dall'assemblea dei soci. In questo caso però i soci sono solo due: padre (Sergio Tulliani) e figlia (Elisabetta). Sta di fatto che Giancarlo lascia il settore immobiliare. I suoi interessi si spostano verso la fiction. Il giovane Tulliani riesce a entrare nel 2008 con la At media (altra azienda di famiglia nella quale la mamma Francesca Frau ha il 51% del capitale) nei corridoi della Rai. In portafoglio nonostante l'arrivo in un settore complesso con conoscenze da neofita ottiene contratti di produzione per circa due milioni di euro. Un business destinato a crescere. Ma qualcosa si mette di traverso. Un ostacolo che prende le sembianze del direttore delle relazioni esterne dell'azienda di stato, Guido Paglia amico di lunga data del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ed è proprio lui, Fini, che fornisce un aiutino al giovane cognato. La segreteria di del presidente della Camera procura a Giancarlo un appuntamento con Paglia. L'incontro avviene a settembre del 2008. Il giovane ancora inesperto del settore viene invitato a dissuadere dall'affrontare un mestiere difficile come la produzione di programmi, soprattutto in un momento di crisi economica. Nonostante questo, Paglia gli procura appuntamenti con professionisti affermati come Giancarlo Leone per anni deus ex machina di Rai Cinema. Che gli spiega quanto è difficile lavorare in Rai, le selezioni e l'albo dei fornitori. Quello che non capisce Paglia e che Tulliani non chiede, pretende. E qualche mese dopo è lo stesso Fini a chiedere al direttore Rai di assicurare un minimo garantito al giovane. Impossibile. Per il suo «no» però Paglia perde l'amicizia di Fini. Ma Tulliani ottenne comunque i lavori.