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"Il Pdl è un partito aperto anche per i finiani pentiti"

Il vicepresidente del gruppo del Pdl a Palazzo Madama Gaetano Quagliariello

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Senatore Gaetano Quagliariello, cosa pensa della nota di Gianfranco Fini sulla vicenda della casa a Montecarlo? «Invece di chiarire, il comunicato rende ancora meno trasparente la situazione, al punto che il sentimento di "stupore e disappunto" provato dal presidente Fini nell'apprendere che la casa di Montecarlo era affittata a suo cognato è il medesimo che ha provato la stragrande maggioranza degli italiani che pensano». Il gruppo Futuro e Libertà è nato da una settimana e già mostra gravi divisioni all'interno. Pensa che il caso Fini possa far «esplodere» la nuova formazione politica? «In generale penso che non bisognerebbe mai fare del moralismo una bandiera, perché vale quel che a tal proposito diceva Pietro Nenni: a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». Ma secondo lei Fini dovrebbe dimettersi? «Le dimissioni sono sempre una misura di opportunità che deve essere lasciata alla valutazione del singolo. Non esistono automatismi né si può fissare il criterio in virtù del quale ogni imputato deve obbligatoriamente dimettersi. Vi sono, d'altro canto, vicende che anche se non hanno un risvolto penale possono risultare imbarazzanti e portare a questo esito. In proposito, il caso Scajola docet». L'equilibrio tra i finiani e il Pdl è precario. Quanto è concreto il rischio elezioni? «C'è l'obbligo di provare a salvare la legislatura e un governo che fin qui ha operato benissimo realizzando obiettivi assai difficili, che altri governi non si sono neppure sognati di raggiungere. Basti al proposito pensare a quanto fatto contro la criminalità organizzata, all'efficacia con la quale sono state affrontate situazioni di emergenza come il terremoto dell'Aquila o i rifiuti di Napoli, alle misure messe in campo per la coesione sociale, a come si è gestita la più grave crisi economica internazionale dal 1929 a oggi. Se ci sarà la possibilità di andare avanti con la stessa forza, bisognerà continuare. Ma nessuno si sogni di trasformare uno dei migliori governi della Repubblica in un governicchio condizionato da ricatti quotidiani. In questo caso meglio, assai meglio, tornare di fronte agli elettori». Ma nel caso dovesse cadere il premier Berlusconi, crede sia possibile un governo di transizione, magari con la guida del ministro Tremonti? «No. Non ci sono i numeri in Senato e non ci sarebbe neppure la volontà di Tremonti». E se si andasse ad elezioni, cerchereste un'intesa con i finiani? «Se la legislatura finisce per l'atteggiamento assunto dai finiani nei confronti del governo, è evidente che nessuna alleanza elettorale sarà possibile con loro». Nel caso invece i finiani pentiti vi chiedessero di rientrare nel Pdl, li accetereste? «Il Pdl non è una buvette ma resta un partito aperto. Se c'è condivisione di principi di fondo e la volontà di metter fine allo stillicidio di un'opposizione interna quotidiana e preconcetta, le porte sono aperte, anche a posizioni critiche. Checché se ne dica, nel Pdl si è discusso e si è votato come mai era accaduto in Forza Italia e in Alleanza nazionale, e noi non abbiamo vendette da consumare».

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