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Il casino di Montecarlo

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Gianfranco Fini

Cercasi una via d'uscita

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Il silenzio di Gianfranco Fini sulla casa di An a Montecarlo, passata attraverso due società offshore e poi affittata al fratello della moglie, continua. Noi non abbiamo fretta, ma nel frattempo il rumore intorno alla vicenda comincia ad essere quel che tecnicamente si definisce un disastro. Dal tavolo verde al tavolo rovesciato. Dal casinò al casino e basta. Forse anche per questo ieri Fini è andato a far visita al suo avvocato, l'onorevole Giulia Bongiorno. Non so se abbia affrontato con il legale la questione dei beni di An, ma spero che il tenace difensore di Giulio Andreotti abbia dato dei buoni consigli al presidente della Camera. C'è un popolo, quello della destra, che da Fini attende una risposta. Intanto tra gli ex di An è scoppiata la rissa. Non avevo dubbi che sarebbe andata così. Proprio per questo il silenzio di Fini risulta ancor più assordante. Le accuse tra lealisti berlusconiani e scissionisti finiani sono pesantissime. È in corso uno scaricabarile - e vi invito a leggere le riflessioni contenute nell'articolo di Fabrizio Dell'Orefice - che per la storia della destra italiana è inedito. Per carità, il tradimento è una delle categorie politiche più note, ma il Movimento sociale queste cose ai suoi elettori le aveva risparmiate e pure Alleanza nazionale aveva mantenuto un certo codice d'onore. Fino a ieri. Ora assistiamo a un gioco al cerino micidiale. Un'intera scatola di fiammiferi è in mano al povero senatore Francesco Pontone, il tesoriere di An. In sua difesa non s'è levata alcuna voce, tantomeno quella del capo. A occhio e croce mi pare che il giochino sia quello di lasciarlo solo a scottarsi le dita e tutto il resto con questa storia. Ma al posto degli altri protagonisti non dormirei sul velluto. Pontone è certamente un galantuomo, s'aspettava un segnale di solidarietà che non è arrivato. E finora non ha voluto esternare la sua delusione. Ma Pontone sarà galantuomo fino in fondo e alla magistratura racconterà la verità. Ho paura che quest'ultima non sarà tanto biodegradabile. Gli atti che finora abbiamo potuto consultare parlano chiaro: Pontone conclude una transazione immobiliare in quel di Montecarlo grazie alla procura che gli viene concessa con un altro atto notarile da Gianfranco Fini. Atto redatto nella Capitale il primo dicembre del 2004 dal notaio Mario Enzo Romano. Pontone firma e quando lo fa è perché Fini gli ha concesso quei poteri. Bisogna tenere bene a mente questo passaggio. Non si tratta di una questione puramente formale, ma sostanziale. La domanda che si fa l'uomo della strada è semplice semplice: Pontone conclude la vendita di un immobile senza informare il presidente di An, cioè colui che gli ha concesso la procura generale? Se l'ha fatto, è davvero singolare. In ogni caso, tra gli ex di An stanno volando gli stracci e lo spettacolo è davvero penoso. Tutto si risolverebbe con un intervento chiarificatore di Fini. Un politico del suo calibro non può ignorare che intorno al suo silenzio sta crescendo un macigno che prima o poi porterà a fondo un pezzo importante della storia della destra italiana. Ieri mattina mi sono fatto una piccola rassegna stampa della vicenda, giusto per vedere come sta lievitando la torta monegasca. Se Il Giornale fa la sua battaglia e Libero altrettanto, non è che negli altri quotidiani sulla dinasty immobiliare di Montecarlo ci stiano andando con il bilancino del farmacista. Per essere un'operazione di «squadrismo» ha un discreto successo: due pagine e titolo in prima sul Corriere della Sera, due pagine sull'Unità, una pagina sulla Stampa, una pagina su Avvenire, una pagina sul Mattino, una pagina sul Messaggero, una pagina sul Fatto, due pagine su Repubblica, un articolo di spalla sul Sole 24 Ore. Mi fermo qui. E noi de Il Tempo? Ci stiamo dando dentro da giorni e non può che essere così. Siamo in presenza di una novela davvero interessante, ricca, avvincente e per soprammercato nel pieno di uno dei filoni che dal 1944 anima questo giornale: la destra e i suoi valori, le sue storie, i suoi successi e insuccessi. Ecco, ho l'impressione che questa storia nel dizionario della destra sarà citata su almeno due voci: «tradimento» e «sconfitta».

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