Tutti al mare e poi si vota
Che cosa succede ora? Il Parlamento chiude e si va in vacanza spensierati? No, per la politica sarà un agosto bollente. Per la prima volta nella legislatura infatti il governo alla Camera dei deputati non ha la maggioranza: sono mancati 17 voti per raggiungere la soglia tecnica di 316 voti necessari per mantenere il controllo del ramo parlamentare. È il primo effetto della costituzione del gruppo dei finiani e Il Tempo ci aveva visto giusto: così il governo non andrà lontano e senza un colpo di fantasia politica la legislatura, quando il Parlamento riaprirà i battenti, finirà a carte quarantotto. La verità è che dopo la seduta di ieri le elezioni sono dietro l’angolo. Tutti al mare e poi al voto in autunno. Il Cavaliere è chiamato a dare non solo una prova di resistenza, ma anche d’attacco per respingere un assalto che punta a mandarlo a casa e sostituirlo con un governo provvisorio destinato a diventare permanente. Né Fini né Rutelli né Casini possono permettersi in questo momento di andare al voto. Sanno tutti che Berlusconi le elezioni le vincerebbe ancora. Il blocco sociale che ha votato Silvio non capisce questi giochi di Palazzo, li detesta, fanno parte di una liturgia incomprensibile e surreale, come evidenzia in queste pagine il professor Francesco Perfetti. Siamo arrivati a un giro di boa dell’avventura berlusconiana. Era nell'aria. I problemi irrisolti nel Pdl si sono accavallati, la magistratura ha picconato il governo, Fini non ha saputo né voluto frenare i suoi pasdaran e il patatrac è sotto gli occhi di tutti. Ma finché l'asse tra Berlusconi e Umberto Bossi tiene, lo scenario del ribaltone di Palazzo, del governicchio, del papocchio, del disarcionamento del Cavaliere non si realizzerà. Sarà la Lega a dettare l'agenda nelle prossime settimane. La resistenza in trincea del governo passa sulla linea del Po. Bossi resta di gran lunga il politico più lucido e attento agli scenari: sa che deve portare a casa il federalismo, sa che non può averlo alleandosi con l'Udc che lo osteggia, sa che il centrosinistra è un'armata Brancaleone e i finiani un manipolo di avventurieri ancora in cerca d'autore, sa che senza un recupero dei seggi mancanti non si andrà da nessuna parte e, dulcis in fundo, sa che i sondaggi dicono che un'altra tornata elettorale rafforzerebbe in maniera impressionante il suo partito nel Nord, fino al punto di farne una roccaforte inespugnabile per chiunque. Se non si fanno le riforme, se il federalismo s'impantana, a Bossi le elezioni convengono. Le urne consegneranno all'Umberto da Giussano la macroregione del Nord su un vassoio d'argento padano. Berlusconi in questo scenario è tutt'altro che immobile. È come un giocatore di scacchi che ha perso qualche pezzo importante, ma ha in testa la mossa che non ti aspetti, quella dello scacco matto. Il Cavaliere ha già disegnato gli schemi di gioco, il suo scenario è pronto e parte da un dato che tutti stanno sottovalutando: si va verso una competizione elettorale tripolare. I finiani, Rutelli e Casini hanno qualche speranza di contare nel prossimo Parlamento solo se si coalizzano e costruiscono un cartello da opporre all'asse Pdl-Lega. Questa disposizione delle truppe sul campo di battaglia però con questa legge elettorale conduce a un risultato micidiale: Silvio vincerà le elezioni, l'affermazione del Carroccio e dei berlusconiani alla Camera è più che scontata, quasi automatica. E se puoi vincere, non ci stai un minuto a farti logorare. L'atteggiamento del gruppo finiano alla Camera era palesemente ostile, la scelta di nominare Italo Bocchino, il parlamentare più duro nei confronti di Berlusconi, come guida a Montecitorio non è un segnale di distensione, ma di guerra. Un altro deputato azzurro, Chiara Moroni, ha lasciato il gruppo per andare con i finiani ed è chiaro che la maggioranza non può permettersi altre fuoriuscite dalle sue truppe. Quale elemento sarà determinante nelle prossime settimane? La paura. Quella dei parlamentari che sanno di poter perdere il seggio (e quindi faranno di tutto per restarvi incollati), quella di chi non ha ancora un progetto politico compiuto (e cercherà di prendere tempo), quella di chi non vuole consegnarsi mani e piedi a un lento e inesorabile logoramento (e quindi vorrà accelerare la crisi e andare al voto). La partita sarà vinta da chi ha più paura. E nello stesso tempo la determinazione e il coraggio di muoversi prima dell'avversario.