"Il diamante? L'anticipo di un affitto"
L'AQUILA - L'anello di Daniela Stati era un gingillino il cui valore non superava i tremila euro, altro che quindicimila. Eppoi non era mica un regalo fatto per "corrompere". Anzi era un parziale pagamento per un appartamento affittato a un giocatore di calcio ad Avezzano, per cui la società non aveva mai corrisposto il canone. Questa la versione data da Daniela Stati, ex assessore regionale alla Protezione civile, ascoltata ieri dal gip del Tribunale dell'Aquila, Marco Billi, insieme alle altre persone coinvolte nell'inchiesta sulla corruzione per la ricostruzione post terremoto. Dalle intercettazioni quell'anello sembrava rappresentare un regalo, un carato del valore di quindicimila euro. Insieme a lei hanno respinto le accuse anche il padre, Ezio Stati, il compagno, Marco Buzzelli, e l'ex parlamentare Pdl, Vincenzo Angeloni. Nessun regalo, quindi, per la difesa, per favorire una società «amica», Abruzzo Engineering, alla quale affidare 1,5 milioni per un progetto - non ancora elaborato - di supporto al Genio Civile sulla ricostruzione, a scapito del Consorzio ReLuis (rete di laboratori universitari di ingegneria), che quel lavoro lo avrebbe svolto gratis. All'arrivo in Procura si incontrano padre e figlia, si abbracciano, Ezio Stati apostrofa Daniela ancora con la parola "assessore". Lui avrebbe ricevuto un televisore al plasma, sulla base delle intercettazioni. Un interrogatorio durato tre ore e mezzo. Per lui l'avvocato Antonio Milo ha presentato istanza di scarcerazione. «Siamo fiduciosi - ha spiegato il difensore - in quanto Stati ha spiegato in maniera chiara e persuasiva tutte le intercettazioni rispondendo a giudice e pubblico ministero. Quando si dice la verità la deposizione è fluida, convincente e persuasiva e Ezio Stati ha detto la verità». Secondo il legale, Stati è totalmente estraneo ai fatti contestati. Una storia che ha visto gli imputati respingere le accuse cercando di dare spiegazioni ai contenuti delle intercettazioni. Sul versante dei commenti politici si registra un duro attacco del sottosegretario Carlo Giovanardi «Purtroppo siamo stati facili profeti - ha detto - in passato sono ripetutamente intervenuto per difendere esponenti politici abruzzesi di centro destra e di centro sinistra vittime di accuse giudiziarie palesemente infondate. Davanti però a comportamenti recidivi non posso che ricordare quanto i Popolari Liberali d'Abruzzo dichiararono alla nascita della giunta Chiodi: "È difficile pensare che possa avere un grande futuro un governo regionale nato sull'imbroglio e la violazione dei patti sottoscritti con coloro che sono stati determinanti per ottenere il consenso sufficiente e necessario per vincere le elezioni in Abruzzo"». Il coordinatore regionale del Pdl replica affermando che «c'è chi, credendo di avere il peso di un ippopotamo anziché quello di una mosca, piuttosto che comportarsi come esponente di una classe dirigente si avventa come uno sciacallo». Per il parlamentare dell'Udc Pierluigi Mantini «i fatti che emergono dall'indagine penale in Abruzzo sono seri e allarmanti, ma la magistratura deve andare avanti e la ricostruzione non può fermarsi. C'è il rischio di un corto circuito che va assolutamente evitato, perché legalità ed efficienza sono due facce della stessa medaglia. Nel pieno rispetto delle garanzie degli imputati e dell'autonomia della magistratura l'indagine giudiziaria accerterà le responsabilità. Spetta agli organi politici la massima cura nel garantire trasparenza, concorrenza e regole certe per la ricostruzione».