Causa sull'eredità di An
E ora arriva la class action. Un’azione legale per fare in modo che il famoso appartamento di Montecarlo torni a via della Scrofa. La casa venne lasciata in eredità ad Alleanza nazionale dalla contessa Anna Maria Colleoni affinché fosse continuata «la buona battaglia». Poi è stata ceduta a una società off shore per 67mila euro e da questa a una nuova società per 330mila. Ora, come ha documentato una inchiesta del Giornale, ci vive Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compagna di Fini. Il quale, in una nota due giorni fa, ha annunciato di aver querelato il quotidiano affermando che sono state scritte «falsità su di lui». La vicenda ha creato uno scompiglio enorme tra i militanti e gli iscritti dell'ex An. E in particolare tra coloro che conoscevano bene la nobildonna Colleoni. Sono i militanti di An di Castel Giorgio, piccolo paesino in provincia di Terni, dove era originaria la signora. Spiega Sandro Bordoni: «Molti di noi perorarono la causa presso la contessa. An versava in una situazione economica difficilissima, davvero non avevamo i soldi per andare avanti. E quindi, alcune persone molto intime della nobildonna le spiegarono quanto fosse importante che il lascito fosse il più ampio possibile. La Colleoni comprese che in effetti si rischiava che il partito non riuscisse a continuare le sue battaglie e infatti volle che nel testamento si facesse quel preciso riferimento alle "battaglie"». Di qui la battaglia, legale, di oggi. «Stiamo valutando la class action o altre azioni - insiste l'allora dirigente di An nel Ternano - per fare in modo che quell'appartamento torni nelle disponibilità di An. La Colleoni era una fan accanita di Almirante, ammirava Fini proprio perché era stato designato da Almirante come suo successore. Per quanto riguarda le eredità, i beni immobili erano fondamentali per il partito perché venivano offerti a garanzia presso le banche per avere i prestiti. Ecco perché i lasciti furono di quella natura». Intanto dentro il mondo ex An è battaglia sull'eredità Colleoni e sui conti del partito che ora sono finiti a un'apposita associazione che a sua volta poi si trasformerà in Fondazione e gestirà il patrimonio politico e ideale di Alleanza Nazionali. Ieri era stato convocato il comitato dei garanti, il parlamentino interno che è a maggioranza "berlusconiana" (6 a 3). I pidiellini avevano intenzione di mettere in mora il comitato di gestione (che invece è a maggiorana finiana) chiedendo conto di come sono stati spesi i fondi del 2009, della vendita dell'appartamento di Montecarlo e avanzando la due diligence sui conti del Secolo. Non solo, ma avevano intenzione di approvare il documento Gamba, dal nome del presentatore del testo, che in pratica prevede che d'ora in poi i finiani non possano più fare alcuna spesa oltre i cinquemila euro, con un tetto massimo di 25mila al mese. L'obiettivo è quello di evitare che i 77 milioni di patrimonio netto possano essere utilizzati per una eventuale nuova formazione politica. I finiani, dal canto loro, hanno chiesto di annullare la convocazione visto che il presidente del comitato, Donato Lamorte, risponde direttamente al presidente della Camera. Ma i "berlusconiani" hanno risposto che il presidente può convocare l'assemblea ma non ha il potere di sconvocarla. E così si sono visti lo stesso, anche se i finiani non ci sono andati. Così gli uomini di Gasparri, Alemanno e Matteoli hanno solo approvato il verbale della riunione precedente e hanno convocato una nuova assemblea per oggi. La situazione si è incattivita e hanno intenzione di chiedere la rimozione dell'amministratore delle due società che gestiscono il patrimonio immobiliare, che è sempre Lamorte. L'accelerazione ha fatto letteralmente infuriare il finiano Enzo Raisi che, tra l'altro, è anche amministratore del Secolo: «Non ho ricevuto alcuna convocazione per la riunione di oggi (ieri ndr), figuriamoci per quella di domani. La riunione del comitato di oggi pertanto è illegittima. Poi ho spiegato chiaramente che il documento Gamba va approfondito, ho intenzione di chiedere un parere a un avvocato. E poi non c'è nessuna fretta, non capisco tutta questa corsa. Che cosa pensano? Che prendiamo i soldi e scappiamo? Abbiano il coraggio di dirlo». Gli uomini degli ex colonnelli vanno avanti, non mollano. E comunque oggi si presenteranno in via della Scrofa e chiederanno conto delle spese e quasi certamente defenestreranno Lamorte. Forse potrebbero prendere anche altre inziative. Raisi avverte: «Le nostre riunioni hanno fin qui avuto un profilo di riservatezza. Quello che trovo indecente è che io debba rispondere ai giornalisti e alimentare un dibattito che finora era rimasto al nostro interno. E allora dico una cosa che deve essere chiara a tutti. Noi siamo gli amministratori dell'associazione. Vogliamo aprire i conti del passato? Benissimo. Li apriamo tutti. Vediamo quanto sono costati gli arredi e i lavori di ristrutturazione degli ultimi anni. Per esempio ho scoperto che il gruppo parlamentare alla Camera ha finanziato la campagna elettorale di qualche candidato alle Regionali. E' inaccettabile».