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Api conquista cento amministratori Più vicina l'intesa per il terzo polo

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

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Per il segretario Bersani il terzo polo è un «avvertimento a Berlusconi» ma, a giudicare dalle prime mosse, a perdere consensi è anche il Pd. Innanzitutto a Roma e nel Lazio. Tra poche settimane debutterà alla Pisana il gruppo dell'Api. Starebbe per fondarlo Giuseppe Celli, ex socialista, eletto con la lista civica che appoggiava Emma Bonino alle ultime elezioni. In Consiglio regionale potrebbe nascere presto anche Futuro e Libertà, creato da un consigliere della Lista Polverini. Ma questo è niente. Con il passaggio del presidente del Quinto Municipio di Roma Ivano Caradonna, un passato nel Pci e poi veltroniano del Pd, nelle fila del movimento guidato da Francesco Rutelli, arrivano a cento gli amministratori che hanno cambiato casacca. Insomma Rutelli riparte dalla Capitale con l'obiettivo di «formare una squadra che prepari un futuro migliore per la città». «A Roma restiamo coerentemente nel centrosinistra, secondo il mandato ricevuto dagli elettori», sottolinea il leader di Api, che assicura: «Lo sviluppo per il domani sarà molto interessante e affidato a nuove energie». Proseguono i contatti con l'Udc e con i finiani di Futuro e Libertà, in attesa anche dell'ex presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. Insomma le cose si muovono, tanto che Mino Dinoi, responsabile organizzativo regionale del partito, parla di una «operazione politica di allargamento». Un'operazione favorita dallo «sconvolgimento dell'assetto dei due poli». Il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione, ci mette il carico da undici: il dialogo inaugurato tra Udc, Api, Fli e Mpa è «opportuno che continui», dice, ed è possibile «che segni l'inizio di una nuova stagione di dialogo nella politica italiana». Più esplicitamente: «Ci troviamo di fronte a un gruppo di 80-90 deputati, un numero rilevante per il nostro Parlamento, metà della maggioranza e metà dell'opposizione, che rimarranno fedeli ai rispettivi patti con gli elettori ma che decidono di intraprendere la via del dialogo sulla base della comune sensibilità istituzionale e del comune amore per l'identità e l'unità d'Italia». Ci pensa anche il leader dei Popolari del Pd, Giuseppe Fioroni, che sul terzo polo frena (almeno per ora): «Se avessimo voluto, l'avremmo già fatto». Ma aggiunge: «La nascita del terzo polo è un dato positivo perché segnala uno spostamento di una parte del centrodestra. Invece di lambiccarsi su possibili scenari conviene prendere atto che oggi Fini vota con Casini, e se nasce il terzo polo, una parte del centrodestra si avvicina al Pd». Per i democratici, e ancora di più per i moderati del Pd, «il terzo polo diventa inevitabilmente un interlocutore naturale e fondamentale. Bisogna fare in modo che diventi un interlocutore anche per tornare a governare» dice Fioroni. Non si sbilancia il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, che definisce l'intesa tra Udc, Fli e Api sulla mozione di sfiducia a Caliendo «un fatto politico che oggettivamente cambia l'assetto della legislatura». Ragiona Pino Pisicchio (Api): «Sappiamo che Futuro e libertà fa parte della maggioranza mentre noi siamo all'opposizione. Tuttavia, in una dialettica parlamentare, è normale guardarsi in faccia e dialogare senza scambi o situazioni di equivoco». E se la terra, oltre che sotto il governo Berlusconi, trema vicino al Partito democratico, Bersani guarda altrove e giudica positivamente il terzo polo «anche perché - spiega - ora Fini e Casini sono più vicini al Pd. Resta poi il fatto, per il segretario, che ogni voto perso dal Pdl è una campana che suona per il presidente del Consiglio. Ma, a giudicare dalle defezioni, pure il Pd ha di che preoccuparsi. Sul terzo polo Pierluigi Castagnetti resta critico: «Finché non lo vedo non ci credo, perché conosco i "ragazzi" e per fare una fusione o anche solo un assemblaggio servono condizioni che io non vedo». Primo problema: di chi sarà la leadership tra Fini , Casini e Rutelli? «Cosa vanno a fare - si chiede Castagnetti - uno il segretario, l'altro il premier e l'altro ancora il presidente della Repubblica? Siamo seri». Infine il leader dell'Udc Casini se la cava con Battisti: «Lo scopriremo solo vivendo».

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