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La Governeide

La Camera dei Deputati

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GOVERNO DI TRANSIZIONE È la formula più gettonata del momento. Ha un'etichetta sulla scatola che recita: “Da consumarsi entro il...” Insomma, è come uno yogurt.Il problema è che anche sapendo da dove parte, non si sa dove può arrivare, la data di scadenza non viene mai indicata e la cosiddetta transizione diventa eterna. Buio totale su chi dovrebbe guidarlo e quali partiti dovrebbero sostenerlo. Sembra la Cosa di cui discute la sinistra italiana da vent'anni. Sezione Ufo. GOVERNO DI TREGUA C'è la guerra, ci vuole una tregua. I professoroni che discettano della materia sono giunti a questa profondissima conclusione dopo svariate analisi della situazione. E dunque tregua sia, con governo costituito per la bisogna. Non è noto quale sia la sua missione una volta che l'ascia è stata sotterrata e tutti fumano sorridenti intorno al tavolone di Palazzo Chigi il calumet della pace. Fa molto popolo arcobaleno. Roba da bandiere al balcone e fiori nei cannoni. Resta un piccolo dilemma: a che serve? GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE Non siamo sotto attacco terroristico, le Br dormono da un pezzo, gli anarchici si limitano a qualche bombetta postale, la mafia con Maroni non se la passa tanto bene. Ma il governo di unità nazionale fa capolino ogni volta che si sente l'odore acre della crisi. Tutti insieme appassionatamente, una scampagnata di gruppo che vede destra, sinistra e centro, sopra e sotto, nord e sud (isole comprese) partecipare alla grande prova di solidarietà nazionale. Contro chi? Qual è il nemico? Di Pietro direbbe che è Berlusconi e con lui nell'esecutivo non ci sarebbero dubbi sulla natura giacobina del minestrone. La cornice ideologica c'è, il resto manca. Ammucchiatissima.  GOVERNO DI RESPONSABILITÀ NAZIONALE È una variante del modello di unità nazionale. La parola “responsabilità” gli conferisce il tono grave e serioso che si riserva alle questioni capitali. Presuppone l'esistenza di soli due ingredienti: la responsabilità e la nazione. La prima sembra smarrita da qualche parte tra Montecitorio e Palazzo Madama da un po' di tempo, la seconda ha qualche problema visto che l'anno prossimo si festeggiano i 150 anni dell'unità d'Italia e mai come oggi il Paese appare diviso su tutto: dalla bandiera, all'inno, passando per la Fiat 500, il pullover di Sergio Marchionne e la moviola nel campionato di serie A. Araba fenice. GOVERNO DELLA LEGALITÀ A guidarlo sono candidati due campioni: Antonio Di Pietro e Gianfranco Fini. Il primo ha preso da anni il testimone del cappio che il leghista Leoni Orsenigo agitò in Parlamento negli anni di Mani Pulite, il secondo non potendo issare la forca per ragioni di bon ton, si accontenta di lanciare ogni tanto qualche Granata a casaccio. Avrebbe il voto sicuro della magistratura militante, ma il Parlamento non è ancora una sezione dell'Anm e dunque ci sarà da aspettare la rivoluzione e la presa di Palazzo Chigi. Scalfari è pronto a benedirlo nel suo sermone illuminista della domenica. L'icona culturale c'è: Robespierre. GOVERNO DEL PRESIDENTE Con tutti i guai che ci sono, qualcuno pensa di affidare al buon Giorgio Napolitano anche il compito di scegliere lui il prossimo capo del governo, i ministri, i sottosegretari e gli autisti delle auto blu. La squadra è di quelle che fanno sognare. Le riserve della Repubblica stanno già facendo i giri di campo per il riscaldamento: Giuliano Amato all'Economia, Antonio Maccanico ai Rapporti con il Parlamento, Emanuele Macaluso alle Riforme istituzionali, Mario Monti presidente del Consiglio, Luca Cordero di Montezemolo all'Industria, Romano Prodi al neonato ministero delle Privatizzazioni. Pezzi pregiatissimi, grandi palleggiatori. Draghi, vista la preparazione atletica del gruppo e non avendo trovato risposta alla domanda “aò, chi corre e porta palla?”, manda un telegramma e fa sapere: resto a Bankitalia. GOVERNO DELL'EMERGENZA Versione asciutta, secca e liofilizzata di precedenti schemi che non hanno trovato applicazione alla realtà. Il comitatone di saggi stabilisce che c'è l'emergenza e dunque occorre soltanto associarvi un governo che la risolva. A guidarlo servirebbe il Mister Wolf di Pulp Fiction, quello che bussa alla porta e dice: “Sono Mister Wolf, risolvo problemi”. Il candidato naturale sarebbe stato quello dei disastri naturali, Guido Bertolaso. Ma il nostro ha avuto un contrattempo allo Sporting di via Salaria e non è disponbile all'incarico. L'ex ministro Zamberletti ha la sua età e il fiato corto, Marchionne da del tu a Obama che lo chiama “Sergio” e francamente non ne vuol sapere di trattare con Rotondi per un posto della Dc per le Autonomie in consiglio dei ministri. Vista l'assonanza con la sigla, qualcuno propone Gino Strada, quello di Emergency. Non se ne fa niente, nessuno vuol morire per Kabul. GOVERNO TECNICO È quello che evoca gli scenari più fantasiosi. Roba che alimenta la penna dei romanzieri del complotto ordito dall'establishment sul transatlantico Britannia. La setta degli Skull and Bones, teschi ed ossa, viene subito tirata in ballo, il complotto pluto-giudaico-massonico ritorna sulle prime pagine dei giornali. Tecnocrazia italiana pilotata dalla Bce e Wall Street. Spunta Goldman Sachs, i poteri forti scaldano i muscoli, la banca londinese di Palazzo Chigi ai tempi di D'Alema esce dal sarcofago. La cospirazione è spenta subito da Umberto Bossi: “La Lega fortunatamente ha qualcosa come 20 milioni di uomini pronti a battersi fino alla fine”. William Wallace contro tutti. Braveheart senza spada ma con il dito medio alzato.

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