Caliendo la prima grana di Fini I suoi sempre più divisi su tutto
E mo’ so’ dolori. Adesso viene il bello. Finita la festa, smaltita la bolgia, cominciano le difficoltà anche per i finiani. Perché il neogruppo Futuro e Libertà ha una caratteristica fondamentale: l’eterogeneità. Fini direbbe senz’altro la multiculturalità, in fin dei conti l’Italia che sogna. Il primo nodo è la mozione di sfiducia per il sottosegretario Caliendo, che dovrebbe andare al voto alla Camera a metà settimana. Italo Bocchino ha già fatto sapere che il ritiro della delega sarebbe il minimo per uno che «va a pranzo con pluripregiudicati». E in fin dei conti pare una dichiarazione assolutamente in linea con la posizione di votare per le dimissioni anche di un altro sottosegretario, Nicola Cosentino. Enzo Raisi e Donato Lamorte invece sono manifestamente contrari. Più in generale sono sulla linea garantista anche Giulia Buongiorno e Giuseppe Consolo, due avvocati penalisti di grido. E Fini? L'altra sera l'indicazione data ai suoi era che tutto si sarebbe rinviato a settembre. Ieri mattina qualcosa è cambiato. Il portavoce del presidente della Camera, Fabrizio Alfano, fa sapere: «Il presidente Fini ha le idee chiarissime su Caliendo, e le discuterà con il suo gruppo un attimo prima dell'eventuale voto sulla mozione di sfiducia». Dunque, per il presidente della Camera non è ancora detto che si voti. Infatti a decidere deve essere la conferenza dei capigruppo che si riunisce oggi. Il Pd ha dato il suo assenso alla calendarizzazione di due decreti in scadenza, Tirrenia ed energia, subordinandoli proprio all'ipotesi di votare anche sul vice del Guardasigilli. La questione quindi non è completamente nelle mani di Fini a cui non converrebbe si voti subito viste le divisioni nel suo gruppo. Indicazioni infatti non ne sono state date. Il capogruppo pro-tempore Giorgio Conte sarebbe per il rinvio al mese prossimo: «Mi sembra la scelta più utile». Nino Lo Presti dice chiaro e tondo che non votarà mai contro il sottosegretario alla Giustizia: «Caliendo - osserva il parlamentare siciliano - non mi pare sia meritevole di sfiducia. Anche per i rapporti personali e di stima che ho con lui, per il lavoro fianco a fianco in commissione Giustizia, non ci penso affatto a sfiduciarlo. Su questo non ho dubbi e non credo significhi venire meno alla lealtà a Fini». Ed è ben difficile che gli altri sottosegretari finiani possano votare contro il collega di governo. Un nuovo conflitto si potrebbe accendere stasera sulla scelta del capogruppo. Bocchino stesso sta pensando alla sua candidatura, ne è il candidato naturale. Il leader di Generazione Italia ha dalla sua i numeri, 26 deputati su 33 del gruppo hanno aderito a Generazione Italia. Tra questi c'è anche Roberto Menia che però sta studiando una soluzione alternativa puntando su Silvano Moffa. Un altro gruppo, quello dei laici, preferirebbe invece Benedetto Della Vedova. Anche in questo caso è possibile che si rinvii tutto a settembre. E comunque, anche rinviando tutto, i problemi restano. Per esempio nei confronti del governo e del Pdl. Fabio Granata per esempio si sente fuori da tutto e trova difficoltà a sostenere un esecutivo che in qualche modo rallenta la lotta alla mafia. Di quell'esecutivo invece ne fanno parte Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Antonio Buonfiglio, Pasquale Viespoli e lo stesso Menia e non hanno intenzione di andarsene. Anche se dovesse prevalere la linea di sostenere il governo i problemi sorgerebbero sui singoli provvedimenti. Lo scontro su Caliendo potrebbe ripetersi sulla riforma della Giustizia. E poi ci sono temi etici. Per esempio sul biotestamento Bocchino, Raisi, Perina, Urso sono sulla linea Fini; Menia, Moffa, Buonfiglio sono cattolici e sono su altre posizioni, i finiani al Senato hanno votato il testo del governo assieme al Pdl.