"Lasci la Camera come Pertini nel '69"
«Una scelta difficile, ma ormai inevitabile, perché "così" non si poteva più andare avanti». Sono trascorse meno di 24 ore da quando Silvio Berlusconi ha annunciato, in una conferenza stampa a Palazzo Grazioli, la rottura definitiva da Gianfranco Fini. E il premier torna nuovamente a parlare, a spiegare il motivo che lo ha spinto verso il punto di non ritorno. Rinnovando la richiesta all'ex leader di An di lasciare la presidenza della Camera come fece Sandro Pertini nel 1969. Lo fa attraverso un audiomessaggio ai Promotori della Libertà di Michela Brambilla che interrompe una giornata di silenzio. Reduce dalla lunga notte a Villa Aurelia per festeggiare i 50 anni del ministro Gianfranco Rotondi, il premier ha presieduto in mattinata il Consiglio dei ministri. Poi, proprio mentre Fini replicava agli attacchi del Pdl e annunciava la costituzione di gruppi autonomi alla Camera e al Senato, si è recato al Celio dove ha reso omaggio alle salme dei due militari caduti in Afghanistan, si è soffermato per qualche minuto in un negozio di via del Plebiscito e ha fatto rientro a Palazzo Grazioli dove ha riunito nuovamente i vertici del Pdl (nell'incontro avrebbe letto sondaggi di Euromedia Research che danno l'ex leader di An all'1-3% se si presentasse solo, all'1-2% in alleanza con il centrosinistra ndr) . Nessuna replica, nessuna dichiarazione ufficiale. Solo questo lungo messaggio che in molti interpretano come un tentativo di ricompattare le truppe. I «quattro gatti» di Fini, infatti, si sono trasformati in 33 deputati e 10 senatori. E forse neanche il Cavaliere si aspettava fossero così tanti. In ogni caso ostenta sicurezza: «Abbiamo i numeri per andare avanti, così come abbiamo ben chiaro il programma da completare e, grazie a questa scelta sofferta ma necessaria, siamo nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza. Abbiamo davanti tre anni nei quali, superate le emergenze e accantonate le polemiche inutili, ci dedicheremo con determinazione alle riforme». Berlusconi elenca le sue priorità: giustizia, fisco e riforme istituzionali. L'orizzonte, a prescindere dai finiani, resta la fine della legislatura. Ma questo non significa che il «nodo Gianfranco» sia definitivamente sciolto. Anzi. Nel suo audiomessaggio il premier torna ad attaccare il presidente della Camera che, con «alcuni parlamentari a lui vicini», ha provocato «questa insanabile divaricazione», «ha creato sconcerto tra i nostri sostenitori», «ha costernato i nostri elettori e che ha creato un grave logoramento dell'immagine del Popolo della Libertà». Da qui nasce il documento votato dall'Ufficio di presidenza del Pdl giovedì sera. «Vi chiedo - prosegue - di portare a conoscenza degli italiani al di là di quanto pubblicato sui giornali la versione più vera di quanto è accaduto. Per due anni, mentre il Governo affrontava con successo sfide difficilissime, altri all'interno della nostra formazione politica remavano contro: è accaduto infatti che alcuni eletti dal Popolo della Libertà, sempre sostenuti purtroppo dall'onorevole Fini, hanno lavorato in modo sistematico per svuotare, rallentare, bloccare il nostro lavoro. Peggio, hanno offerto una sponda ai nostri nemici». Insomma per Berlusconi non ci sono dubbi: quello che è successo è una reazione legittima a chi ha «cercato di riportare in vita i metodi peggiori della Prima Repubblica» e ha «iniettato nel nostro movimento il virus della disgregazione» mettendo a rischio «il significato stesso del Popolo della Libertà». A questo punto il Cavaliere rinnova l'invito a Fini a dimettersi. E ricorda un illustre precedente. «I finiani hanno risposto "Nessun presidente della Camera ha dato mai le dimissioni". E anche qui non hanno detto il vero. Nel luglio del 1969, verificatosi una situazione di divisione analoga nel Partito Socialista con la sinistra socialista, il Presidente Pertini, che era un grand'uomo e che aveva aderito alla sinistra, ritenne doveroso dimettersi e mandò a tutti una lettera con questa dichiarazione: "Correttezza vuole ch'io metta a vostra disposizione il mandato da voi affidatomi". Spero che Pertini possa insegnare a qualcuno il modo in cui ci si debba comportare».