Verdini: "Non mi dimetto Della P3 non so nulla"
«Mi trovo in una situazione paradossale». Denis Verdini racconta ai giornalisti la sua verità: «Sono accusato di partecipazione ad una società segreta, ma io di questa P3 non ho mai saputo nulla. Non sono mai stato invitato a parteciparvi, non ne conosco le finalità, nessuno mi ha mai chiamato per comunicarmi i risultati delle eventuali operazioni». Il coordinatore del Pdl è sereno, padrone di una situazione sulla carta non facile. I suoi addetti stampa cercano di salvaguardarlo in ogni modo, ma lui sembra non averne bisogno. Certo è stato «noioso» leggere tutte le trascrizioni delle intercettazioni che lo riguardano ma, una volta fatto, è possibile dare una spiegazione a tutto. Intanto la cena a casa sua nel settembre 2009: «Viene organizzata per un'eventuale candidatura del giudice Miller. Si è parlato di Lodo Alfano, certo, ma in quel periodo ne parlavano tutti. Della eventuale conta nessuno mi ha mai parlato. Dopo la bocciatura nessuno mi ha mai cercato, sta negli atti». Poi la candidatura di Caldoro, «trasparente e voluta dal partito. Nessun dossier, solo un volantino diffamante che abbiamo portato al diretto interessato». Per quel che riguarda Il giornale di Toscana (di cui Verdini è stato editore di riferimento) «la questione è più complicata - ammette - Ma non servono certo gli scienziati per spiegarla: non ho avuto un soldo, le mie tasche su quel fronte sono piene di debiti». Rispondendo alle domande dei giornalisti dirà di aver investito più di quattro milioni di euro, ma di tasca propria. E Carboni? «Lui ha sottoscritto una quota dell'ampliamento di capitale del giornale», racconta non perdendo la sua serenità. Anche quando, sulla questione, nasce un acceso botta e risposta tra la giornalista dell'Unità Claudia Fusani e l'esponente del Pdl Giorgio Stracquadanio, cui prende parte anche il direttore del Foglio Giuliano Ferrara, che attacca la collega e lascia la sala. Verdini va avanti. Si parla di eolico: «Io non ne capisco nulla - spiega - ho solo messo in contatto una persona con una determinata finalità, Carboni, che voleva investire in questo settore, e Cappellacci, che aveva il potere di farlo. Poi non è successo nulla». E a chi gli domanda se lo rifarebbe, il coordinatore del Pdl risponde di sì: «Non ho fatto nulla di male». Ecco perché non si dimetterà: «Non c'è alcun motivo. Non ho responsabilità». Italo Bocchino lo attacca a distanza: «Non è più nelle condizioni, anche psicologiche, di fare il coordiantore», afferma. La replica di Verdini è immediata: «È lui che non è nelle condizioni politiche di dire queste cose», afferma. «Ricordo - aggiunge - che il Pdl si è stretto intorno a lui quando fu al centro di un'inchiesta per cui il gip aveva chiesto anche l'arresto». Poi sdrammatizza: «Se però Bocchino mi vuole consigliare uno psichiatra». Su Fini non è disposto a sdrammatizzare: «Mi dispiace che il presidente della Camera non mi abbia tutelato, in forma generica. È stato sconveniente, sgarbato, che mentre i giudici mi interrogavano, lui - direttemente o indirettamente - chiedesse le mie dimissioni».