Verdini si difende: non c'entro
"Io non c'entro". Il coordinatore del Pdl Denis Verdini affronta la stampa e ribadisce la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati dai magistrati romani titolari dell'inchiesta sulla cosiddetta loggia P3. Per quanto riguarda l'accusa di aver violato la legge Anselmi, Verdini parla di "situazione paradossale", ossia "quella di essere indagato di partecipazione ad una società segreta denominata P3, molto pericolosa nella sua citazione e che ricorda la P2 e tutti gli eventi negativi ad essa collegati", e torna a respingere l'ipotesi di reato per cui i pm di Roma lo hanno iscritto nel registro degli indagati: "di questa associazione segreta io non conosco nulla, non conosco nulla della sua denominazione, nè sono mai stato invitato a partecipare. Non conosco attività e finalità". Il coordinatore del Pdl, poi, riafferma la sua amicizia con il senatore Marcello Dell'Utri, anch'egli indagato: "si è detto su più di un giornale che io avrei scaricato Dell'Utri. Ma Marcello Dell'Utri è un amico fraterno ed io non ho scaricato nessuno. Ho solo raccontato i fatti. Qui ci sono solo dei fraintesi". NON LASCIO - Dopo le dimissioni da presidente del Credito cooperativo fiorentino, Denis Verdini ribadisce ancora una volta di non avere intenzione di dimettersi da coordinatore del Pdl. Verdini ha parlato del "rapporto tra politica e magistratura" e al "circuito mediatico-giudiziario" messo in piedi da chi "vuole prendere il potere passando per altre vie che non siano quelle del voto". La premessa è la spiegazione delle sue dimissioni dalla presidenza della banca: "Se lei leggesse tutti i giorni - dice rivolto ad una cronista - che la banca dove ha messo i suoi risparmi è la banca del malaffare, chiuderebbe il conto, giusto?". Ecco dunque il motivo delle dimissioni, ma la giornalista ribatte: "Non può succedere lo stesso con il voto degli elettori?". E Verdini replica: "Gli elettori del Pdl sono smaliziati. C'è una questione del rapporto politica-magistratura che non può essere ignorata, e i nostri elettori sono abituati da anni al circuito mediatico-giudiziario di chi vuole andare al potere per vie diverse da quelle del voto". L'INCHIESTA - A Firenze, intanto, i pm stanno per iniziare "il lavoro" su una serie di elementi che "devono essere valutati" e che portano "nuova linfa" all'inchiesta, contenuti nella relazione degli ispettori della Banca d'Italia sul Credito cooperativo fiorentino, che ha portato al commissariamento dell'Istituto di cui era presidente Denis Verdini: nel documento giunto da via Nazionale "dal punto di vista penale - trapela dalla Procura del capoluogo toscano - ci sono tanti spunti interessanti che vanno approfonditi". Una relazione frutto di una ispezione ''ordinaria'' ma con procedura di urgenza, si precisa in Procura, decisa direttamente da Palazzo Koch che ha avuto comunque uno "scambio di informazioni continuo" con i magistrati di Firenze, che indagano sui rapporti tra il Credito cooperativo e la Baldassini-Tognozzi-Pontello guidata, fino a qualche mese fa, da Riccardo Fusi, che si è dimesso dalla presidenza in seguito all'iscrizione nel registro degli indagati con l'ipotesi di corruzione nell'ambito dell'inchiesta della Scuola Marescialli. La stessa Procura ha iscritto Verdini nel registro degli indagati con l'ipotesi di "mendacio bancario". Infine, è stato fissato per venerdi' l'interrogatorio davanti ai pm romani del sottosegretario Giacomo Caliendo, anch'egli accusato di aver fatto parte della cosiddetta P3. Il sottosegretario ribadisce di non avere alcuna intenzione di lasciare l'incarico di Governo, anche se l'opposizione è intenzionata a insistere sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti. "Non ho commesso nulla", ha assicurato ai cronisti in Transatlantico.