Scissione del Pdl: le 10 domande
1 - COSA SUCCEDE AL GOVERNO IN CASO DI SCISSIONE? Tutto dipende da quanti esponenti del Pdl uscirebbero dalla maggioranza. Tra i ministri nessuno seguirebbe Fini ma la tenuta della coalizione in Parlamento sarebbe appesa a un filo. Al Senato si ripeterebbe la situazione che ha portato alle dimissioni del governo Prodi con voti sempre in bilico. L'alternativa potrebbe essere quella di far entrare nel governo l'Udc e quindi rimpiazzare i dissidenti finiani. 2 - È POSSIBILE TECNICAMENTE FARE LA SCISSIONE? È molto difficile. Si possono deferire i dissidenti ai probiviri, ma poi bisogna dimostrare che si sono resi colpevoli di indisciplina nei confronti del partito. Cosa che, in realtà non è mai avvenuta perché tutti hanno sempre votato compatti sui testi della maggioranza. Ed è anche difficile «cacciare» da un partito chi non ha alcuna voglia di essere cacciato. 3 - COSA SUCCEDEREBBE AI GRUPPI PARLAMENTARI? I dissidenti andrebbero con tutta probabilità nel Gruppo Misto, sia alla Camera sia al Senato. E i gruppi del Pdl potrebbero continuare ad esistere. Il problema è rappresentato solo, in questo caso, dalla tenuta della maggioranza che avrebbe a disposizione meno voti per restare «a galla». Una situazione molto simile a quella delll'ultimo governo Prodi. 4 - COSA SUCCEDEREBBE AL PARTITO? Il partito potrebbe continuare a chiamarsi Popolo della Libertà, anche se l'uso del simbolo, come spieghiamo nella scheda successiva, potrebbe andare incontro a controversie. Ma nulla vieta a Berlusconi, nel caso decidesse di rompere con il presidente della Camera, di creare un nuovo partito senza che in questo entrino i dissidenti finiani. Il problema si pone però anche per i circoli del Pdl. 5 - CHE FINE FAREBBE IL SIMBOLO? È la questione più controversa. Dalle «carte» in possesso de «Il Tempo» Berlusconi è il proprietario del simbolo del Pdl ma in caso di scissione per utilizzarlo ha bisogno dell'autorizzazione di tutti i soci fondatori. Tra cui ovviamente anche Fini. Il Pdl, invece, sostiene che Berlusconi può usare liberamente il simbolo. In realtà si tratta solo dei contrassegni elletorali che non necessariamente coincidono con il simbolo. 6 - COME VERREBBERO DIVISI I CONTRIBUTI ELETTORALI? Nel caso della costituzione di un nuovo gruppo parlamentare, i transfughi dal Pdl riceverebbero i contributi che spettano, secondo il regolamento, ai gruppi parlamentari. Non avrebbero diritto invece ai versamenti statali destinati ai partiti politici perché non potrebbero esprimere una lista per la competizione elettorale. 7 - QUANTI SONO I FINIANI? Il gruppo che fa capo agli uomini di Fini può contare su 14 senatori e 28 deputati. Di questi, a palazzo Madama 10 fanno capo ad Andrea Augello e 4 a Italo Bocchino. Alla Camera invece attorno ad Augello ci sono 17 deputati mentre 11 stanno con l'ex vicecapogruppo. Ma l'ala del sottosegretario alla presidenza del consiglio, che è la più numerosa, è anche quella più moderata, che sta cercando a tutti i costi il dialogo. 8 - SU QUANTI PARLAMENTARI PUÒ CONTARE BERLUSCONI? Il Popolo della Libertà conta alla Camera 271 deputati, ai quali si aggiungono 59 deputati leghisti e una ventina di deputati di partiti minori. Senza i finiani, dunque, la maggioranza potrebbe non essere garantita. A palazzo Madama il Pdl ha 145 senatori e 26 la Lega. Anche in questo caso con la fuoriuscita dei finiani dal Pdl la tenuta sarebbe a rischio. 9 - QUANTO "PESA" IL PARTITO DI FINI IN TERMINI PERCENTUALI? Secondo Antonio Noto (Ipr Marketing) Fini vale il 3% all'interno del Pdl e il 6-7% in caso di scissione, erodendo consenso agli scontenti di Pd e Udc. Il Terzo Polo con Fini e Casini si assesterebbe al 22%. Secondo Luigi Crespi Fini non vale meno del 10%, ma non è possibile dire quanto otterrebbe in caso di elezioni e fuoriuscita dal Pdl. Il Partito della Nazione alleato al Pdl starebbe tra il 15 e il 20%. 10 - IN CASO DI SCISSIONE QUANTO AVREBBE IL PDL DI BERLUSCONI? Per Antonio Noto Pdl e Lega senza Fini otterrebbero il 40% con una maggioranza schiacciante alla Camera e situazione in bilico al Senato col Terzo Polo al 22%. Per Crespi gli screzi di pancia «producono dissenteria». Non conviene né a Fini né al Cav tornare alle urne dopo aver governato bene in un periodo di crisi. «Mollare Fini per Verdini: gli elettori non capirebbero».