Fini tende la mano a Silvio
Ma per il Cav è troppo tardi
Gianfranco Fini tende la mano. Spiega che non ha nessuna intenzione di distruggere il Pdl, che a lui e a Berlusconi spetta il compito di onorare il patto stretto con gli italiani con la vittoria alle elezioni e che una eventuale «mattanza» non gioverebbe a nessuno. Anzi, porterebbe il centrodestra nel baratro. Il presidente della Camera affida a un'intervista al «Foglio» il compito di stendere un ponte tra le diverse sponde del Pdl. Una mossa studiata con i suoi più stretti collaboratori, messa a punto parola per parola, limata e consegnata ieri sera non a caso alle agenzie a tarda sera. Per impedire «azioni» di disturbo, «falchi» che da entrambe le parti potessero tagliare quel fragile filo di dialogo. E per far capire che stavolta le «colombe» finiane facevano sul serio a tarda sera è arrivata anche la «bordata» contro i vari Granata e Briguglio che avevano esultato all'annuncio di Berlusconi di avere voglia di ritirare il testo sulle intercettazioni. Ma agli «ultras» fa un richiamo anche Fini. Facendo capire che la colpa di tanti equivoci spesso è proprio in chi si mette in mezzo. «Garantismo e legalità non sono in conflitto – spiega – La mia solidarietà verso chiunque sia colpito da gogna mediatica e da accanimenti palesi è di antica data, e resta intatta». «A Napoli – ricorda Fini – ho parlato della stranezza del comportamento di un sottosegretario che si dimette senza avvertire l'opportunità di dimettersi anche da coordinatore regionale: ho invece letto il giorno dopo sul giornale di famiglia che avevo chiesto la testa di Silvio Berlusconi. Certo che se poi gli ultras, sempre nemici di ogni buon compromesso politico, riportano al capo che io voglio fare un repulisti giustizialista, allora prevale la logica degli anatemi». Ma, conclude, «non è possibile equivocare la mia posizione: io ho radici e appartenenza culturali e politiche chiare. Qui sto e qui resto, in ogni senso. Nel senso dello schieramento e delle idee portanti. Se avessi dubbi radicali, se davvero fossi sfiduciato e amaro, non direi, anche sulle questioni della legalità, che si può e si deve resettare tutto, per scrivere un nuovo capitolo con un minimo di ottimismo». «Resettare tutto, senza risentimenti» è infatti l'esordio dell'intervista di Fini. «Vuol dire che Berlusconi ed io non abbiamo il dovere di essere e nemmeno di sembrare amici, ma dobbiamo onorare un impegno politico ed elettorale con gli italiani. Per questo ci tocca il compito, anche in nome di una storia comune non banale, di deporre i pregiudizi, di mettere da parte carattere e orgoglio, di eliminare le impuntature e qualche atteggiamento gladiatorio delle tifoserie». Poi l'appello a Berlusconi, spiegando che una «mattanza» avrebbe come finale soltanto la distruzione del Pdl. «Onorare l'impegno politico preso con il Pdl – è il ragionamento del presidente della Camera – è l'unica via per evitare che una deflagrazione senza senso si porti via, tra le macerie di un partito e di una esperienza di governo, la credibilità del centrodestra. Non ci sarebbero né vinti né vincitori, alla fine della mattanza». «Quando dico che si deve chiudere una pagina conflittuale e aprirne una nuova, non faccio appello ai sentimenti; non esibisco né chiedo ipocrisie, faccio invece appello alla ragione, ai fatti, all'analisi politica e alle basi pubbliche e discorsive, intessute di dialogo e di capacità di riflessione comune, di qualunque possibile fiducia tra diverse leadership».