Caliendo indagato, Dell'Utri tace
Un altro sottosegretario indagato. Anche Giacomo Caliendo è finito sul «modello 21» della procura di Roma. Nell’inchiesta sulla nuova P2 travolto anche il membro del governo alla Giustizia per violazione della legge Anselmi. Dopo l'ex sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, adesso a dover rispondere della stessa accusa anche Caliendo, al quale vengono contestati una serie di episodi riportati nelle quattordicimila pagine di documenti raccolti dai carabinieri di Roma. Il sottosegretario dovrà spiegare al magistrato Giancarlo Capaldo il contenuto dei colloqui avuti il 23 settembre scorso nell'abitazione del coordinatore del Pdl Denis Verdini, ascoltato due giorni fa per nove ore. Intanto dopo le dimissioni del coordinatore Pdl dalla banca toscana, Bankitalia ha avviato la procedura per il commissariamento del Credito Cooperativo Fiorentino con la proposta inviata al ministro Tremonti. In base alle intercettazioni telefoniche, i pm si soono convinti che al centro di quegli incontri ci fossero il lodo Alfano, la nomina del magistrato Alfonso Marra a presidente della Corte d'appello di Milano e il ricorso presentato in Cassazione dall'ex sottosegretario Cosentino contro l'ordinanza d'arresto emesso dalla procura di Napoli. E anche l'ispezione ministeriale, mai avvenuta, che doveva essere inviata contro il collegio della Corte d'appello di Milano che aveva respinto il ricorso contro l'espulsione dalle regionali della lista del presidente Roberto Formigoni. Giacomo Caliendo potrebbe essere interrogato in procura entro la fine della settimana. La prossima, invece, sarà dedicata all'audizione di altri soggetti citati nell'ordinanza per Flavio Carboni, Paquale Lombardi e Arcangelo Martino e ritenuti assai vicini alla nuova P2. Alcuni dei personaggi coinvolti, per ora testimoni nel procedimento penale, potrebbero però essere convocati in procura in qualità di indagati. «Non ho mai contattato né fatto elenchi di giudici della Corte costituzionale favorevoli o contrari al lodo Alfano», ha tuonato l'indagato appena ha appreso di essere indagato per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Caliendo, che in passato ha indicato Lombardi come «millantatore», ha dichiarato che al pranzo a casa Denis Verdini rimase solo mezz'ora e poi se ne andò per precedenti impegni in commissione Giustizia. «Solo successivamente - ha detto - ho appreso che nel corso di quel pranzo si era parlato anche di questo (cioè del Lodo, ndr). Tant'è che a tale proposito c'è la telefonata che Lombardi mi fece allegata all'ordinanza di custodia cautelare». E ieri il premier Silvio Berlusconi ha confermato la piena fiducia a Caliendo. Quella di ieri è stata una giornata che ha costretto un altro membre del Pdl a doversi sedere davanti ai magistrati romani. È stato infatti convocato a piazzale Clodio il senatore Marcello Dell'Utri, che però, dopo quaranta minuti trascorsi nella stanza del procuratore Capaldo che gli contesta la violazione della legge Anselmi, è uscito affermando che si era avvalso della facoltà di non rispondere. Dell'Utri, secondo i pm, occupa «nell'ambito della società segreta un ruolo apicale e politicamente superiore rispetto a quello di Verdini» e costituisce una figura di maggior livello «perché la sua è una storia che nasce da lontano e perché il senatore resta sempre colui che ha creato il partito». L'indagato, assistito dall'avvocato Pietro Federico, mentre lasciava il palazzo di Giustizia, ha comunque affermato che «nel capo d'imputazione non c'è niente. Il consiglio che do' a tutti coloro che dovessero trovarsi in un'analoga situazione è di non parlare perché lo dice la legge. La legge infatti permette di avvalersi della facoltà di non rispondere. Quando sono stato a Palermo, 15 anni fa, ho parlato con i magistrati per 17 ore e sono stato rinviato a giudizio sulla base delle mie dichiarazioni. Quindi posso dire di avere imparato qualcosa». I pm romani stanno già vagliando le dichiarazioni degli indagati. In primis, stanno valutando ciò che ha detto Denis Verdini, parole che, fino ad ora, non avrebbero convinto i pm che indagano sulla nuova P2. Il coordinatore del Pdl ha fornito informazioni sul giro dei soldi finiti al suo giornale, sulle numerosissime riunioni tenute presso la residenza romana di palazzo Pecci Blunt all'Ara Coeli («incontri quasi di routine parlando del più e del meno con gente di tutti i tipi»), sul complotto contro l'aspirante, poi eletto, governatore della Campania, Stefano Caldoro («ero solo informato delle voci che giravano su di lui»), ma i chiarimenti non sembrano aver soddisfatto particolarmente gli inquirenti. Verdini ha anche escluso di aver esercitato alcun tipo di pressione in relazione all'inchiesta sull'eolico in Sardegna ma gli inquirenti fanno notare che nel corso del suo interrogatorio non è stato possibile contestare al parlamentare le telefonate e le dichiarazioni intercettate a lui riconducibili. Infine, nelle motivazioni del Riesame, che ha lasciato in cella Carboni, Lombardi e Martino, c'è scritto che l'organizzazione si sarebbe attivata anche per evitare l'esclusione della lista del Pdl dalle ultume elezioni regionali del Lazio. Lombardi, sottolinea il Riesame, telefonò a Ignazio Abrignani, responsabile elettorale nazionale del Pdl, invitandolo «a seguire una via "parallela" rispetto a quella istituzionale (ricorso presso il Consiglio di Stato) suggerendogli di rivolgersi ad Antonio Martone perché "molti amico" e può risolvere il problema, ma della cosa, questa volta, Lombardi segnala che è meglio non parlare al telefono».