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Verdini dopo nove ore dai pm "Dimettermi? Richiesta impropria"

Denis Verdini

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Era scortato da polizia e carabinieri quando è entrato nell'uffico del procuratore aggiunto di Roma. Denis Verdini, coordinatore Pdl, è stato interrogato ieri per nove ore poiché indagato nell'inchiesta sulla nuova P2 e sugli appalti per gli impianti eolici in Sardegna. Poco prima, il parlamentare aveva però preso una decisione alla luce del suo coinvolgimento in diverse inchieste romane: lasciare la presidenza del Credito Cooperativo fiorentino, dove, secondo i pm capitolino, sarebbero circolati soldi in maniera sospetta. Molte, infatti, le operazioni bancarie che sono finite nel mirino della Guardia di Finanza, per un valore di diversi milioni di euro. «Sono soldi frutto di enormi sacrifici», ha detto Verdini. Il deputato è arrivato al primo piano del palazzo di Giustizia alle 14,50 per varcare la porta della stanza del magistrato Giancarlo Capaldo: era in compagnia dei suoi legali, gli avvocati Franco Coppi e Marco Rocchi. Il coordinatore del Pdl ha dunque rassegnato le sue «dimissioni irrevocabili» dall'incarico di presidente e membro del Cda.   «In questi mesi si è abbattuta sulla mia persone e indirettamente sul Credito cooperativo fiorentino una tempesta mediatica e giudiziaria di ampie proporzioni», ha scritto Verdini in una lettera che ha inviato ai componenti del Consiglio di amministrazione della banca. E ancora: «Sono assolutamente certo di poter dimostrare la mia estraneità da ogni illecito che mi viene in questa fase addebitato. Tuttavia devo prendere atto che la rilevanza assunta dai fatti che mi vengono imputati rischia di gettare un'ombra sulla banca». Una lettera che a distanza di qualche ora ha convinto tutto il cda a dimettersi per solidarietà. Il Cda, «ribadendo di aver condiviso, fin dalle modalità di elezione, la gestione ordinaria e la totalità delle scelte, operate nell'esclusivo interesse della banca e dei suoi soci, esprimendo la propria solidarietà al presidente dimissionario, rassegna le proprie dimissioni irrevocabili». Il nome di Denis Verdini è presente in molte delle intercettazioni inserite nelle migliaia e migliaia di pagine dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma.   Conversazioni che per ora però non possono essere utilizzare dai magistrati poiché si tratta di conversazioni di un parlamentare e quindi è necessario, da parte degli inquirenti, chiedere semmai l'autorizzazione alla Camera dei deputati. Verdini è finito nei guai, tra gli altri, insieme con il senatore Marcello dell'Utri, Flavio Carboni (arrestato), l'ex giudice tributario Pasquale Lombardi (arrestato), l'ex assessore socialista napoletano Arcangelo Martino (arrestato) e l'ex sottosegretario Nicola Cosentino. Secondo la magistratura romana Verdini faceva parte di una organizzazione in grado di pilotare assunzioni e condizionare le scelte politiche. Circostanza ampiamente respinta nel corso del lungo interrogatorio come ha spiegato l'avvocato Coppi all'uscita dagli uffici di piazzale Clodio. Un lungo facci a faccia con i giudici perché «Verdini ha voluto minuziosamente dare risposte per fare chiarezza su tutta la vicenda», ha sottolineato il legale del coordinatore del Pdl. Il parlamentare avrebbe anche dato spiegazioni ai magistrati sull'operazione bancaria risalente al 2004 e sugli incontri con Carboni. All'uscita dal tribunale Denis Verdini si è detto tranquillo «ora come lo ero prima dell'interrogatorio». Il coordinatore del Pdl, poi, precisa meglio il suo concetto: «Replico ora che ho finito l'interrogatorio. In politica bisogna dare delle risposte ed essere coerenti con se stessi e con quello che abbiamo intorno». Alla domanda se dopo le dimissioni dalla banca avesse intenzione di rimettere l'incarico di coordinatore come suggeriva Fini, Verdini ha risposto secco: «È una richiesta impropria. La richiesta di Fini è impropria perché io sono un semplice indagato e perché in Italia esistono tre gradi di giudizio. Forse è doveroso ascoltare la voce della difesa e questo vale per Fini e per tutti quelli come lui».  

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