Patto di ferro tra Alemanno e Tremonti
Nessuna ordinazione al bar di piazza del Popolo di Orvieto per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a pochi passi dal palazzo del capitano del popolo nel quale si svolge la tre giorni della Fondazione Nuova Italia. Circa dieci minuti seduti nella sala interna del bar sbarrato dalle guardie del corpo. «Abbiamo parlato del Pdl» ammetterà poi Alemanno. Ci avevano provato anche prima, al termine dell'intervento del ministro alla tavola rotonda su «Federalismo e unità nazionale». Di corsa Alemanno e Tremonti hanno salito le scale pensando portassero in una piccola sala riunioni, per parlare in privato. E invece quelle scale andavano dritte alla tana del lupo: la sala stampa. Da qui la «fuga» nel piccolo bar della piazza antistante. Un rapporto sempre più stretto quello tra Alemanno e Tremonti che lo stesso sindaco indica come «leader culturale del centrodestra». Un'affermazione netta su presente e futuro del partito «che ha come leader politico Berlusconi» chiarisce poi Alemanno. «Il Pdl - prosegue - ha una ragione di esistere storica e valoriale: può essere una grande comunità. E se c'è questa consapevolezza, i problemi organizzativi potranno essere sconfitti. In questi momenti di difficoltà ci può essere una grande riflessione per superare la crisi, ma anche per avere una forte rigenerazione e, in questo, Giulio Tremonti può essere una guida e un punto di riferimento non solo sul piano economico, ma anche culturale». Una strada chiara, quella intrapresa da Alemanno che ha già scelto Berlusconi, lasciando alla stazione l'amico di sempre Gianfranco Fini. Ecco, Fini. Delineando in Berlusconi il leader politico e in Tremonti quello culturale, Fini che posto avrà nel futuro del Pdl? Alemanno prima sorride («del Pdl ne parliamo domani») poi, incalzato, cede: «Fini deve restare, sono convinto che debba rimanere nel Pdl e che ci sia bisogno di trovare una unità profonda tra lui, Berlusconi e Tremonti. Attorno a queste tre persone si può rilanciare la proposta politica del Popolo della Libertà». Un triumvirato però che non regge, neanche sulla carta. Il tema non è il presente quanto, piuttosto, l'immediato futuro. «I prossimi mesi saranno decisivi per il Pdl e per il governo» ricorda Alemanno che continua a tessere le fila del Pdl che ormai non ha più tempo per presentarsi al Paese come una fusione a freddo tra gli ex di An e gli ex di Fi. Serve ora un Pdl «vero», quel grande nuovo partito che rappresenta il centro e la destra. Un progetto nel quale Alemanno dedica anima e corpo. Un progetto che avrà come inevitabile punto di svolta il «dopo» Berlusconi. «Sono convinto che dopo Berlusconi non ci sarà un nuovo Berlusconi - dichiara poi Alemanno - ma una squadra, ci saranno più persone che avranno ruoli diversi e rappresenteranno la seconda fase del Pdl. Dopo una fase carismatica, ce ne sarà una in cui conterà la squadra e la struttura del partito». E della squadra certamente ne farà parte lui, magari con la maglia numero dieci.