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Berlusconi vuole accelerare il divorzio da Gianfranco

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Il vertice del Pdl a Palazzo Grazioli è terminato da poco. Silvio Berlusconi fa entrare i cronisti nel cortile della sua residenza romana per mostrargli un mosaico di marmo raffigurante lui e la madre. Gli è stato donato da una cooperativa di Cautano in provincia di Benevento. Il premier non ha alcuna voglia di parlare. Ormai lo fa sempre più di rado, limitandosi a note scritte e conferenze stampa ufficiali. Così, quando un giornalista gli chiede se anche le tessere del Pdl torneranno al loro posto, risponde a mezza bocca: «È tutto a posto, è tutto perfetto». Un modo come un altro per chiudere sul nascere qualsiasi discorso. Già, perché la versione ufficiale è quanto di più lontano dalla realtà. Il vertice tra il premier, i capigruppo di Camera e Senato, i tre coordinatori del Pdl, i ministri Franco Frattini, Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Giulio Tremonti, il sottosegretario Paolo Bonaiuti (ci sarebbe stato anche Renato Schifani ma fonti di Palazzo Madama non confermano la sua presenza, ndr), non ha affatto sanato le divisioni interne al Pdl. Anzi, se possibile, le ha addirittura acuite. Chi vi ha partecipato racconta che il premier non ne può più di Gianfranco Fini e stia cercando in ogni modo di accelerare il divorzio che potrebbe arrivare addirittura entro la fine del mese. A far andare su tutte le furie il Cavaliere sarebbero state le ultime dichiarazioni rilasciate da Fabio Granata sui rapporti tra mafia e politica, e sul ruolo del pentito Gaspare Spatuzza. «Ma come - avrebbe domandato Berlusconi ai suoi interlocutori (frasi ovviamente smentite da Palazzo Chigi, ndr) - io lancio appelli all'unità e loro continuano a gettare fango su noi e il partito?» Insomma è ora di finirla anche perché, avrebbe aggiunto il premier, «chi discredita il partito deve andare fuori». Il problema, semmai, è stabilire la modalità attraverso cui rendere possibile il tanto agognato divorzio. Qualcuno parla della possibilità di denunciare Fini e i suoi fedelissimi ai proibiviri del Pdl chiedendone l'espulsione per aver compiuto atti contro gli interessi politici del partito. Ma significherebbe finire sui quotidiani per giorni e giorni. Così si pensa a soluzioni alternative. Nell'incontro di Palazzo Grazioli si sarebbe parlato anche dell'ipotesi di non confermare le cariche finiane in Parlamento. Ma per ora una vera via d'uscita non c'è. Di certo Berlusconi non è più disposto ad aspettare. E lo avrebbe ribadito anche mercoledì sera, partecipando a una cena organizzata a Palazzo Marini da Antonio Mazzocchi: «Non voglio più perdere tempo con chi finge di voler trovare un'intesa ma in realtà non la vuole. Ci dobbiamo concentrare su altre cose». Tra queste c'è sicuramente la riorganizzazione del partito. Nel vertice di ieri se ne sarebbe parlato, ma in generale. E i presenti avrebbero bocciato nettamente l'ipotesi di arrivare, dopo l'estate, ad un coordinatore unico. Semmai sarà il Cavaliere, sarebbe stato il ragionamento, a risolvere casi singoli come quello di Denis Verdini. Contestualmente, però, il presidente del Consiglio avrebbe espresso il desiderio di avere un Pdl più radicato sul territorio ipotizzando addirittura la presenza di un responsabile di partito per ogni sezione elettorale (64.328, ndr). In attesa della «rivoluzione di settembre» il partito naviga a vista. Lasciando Palazzo Grazioli Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa sono stati più che netti nel commentare le parole di Fabio Granata. «Le sue parole - ha attaccato il capogruppo alla Camera - sono destituite di fondamento e l'azione del governo contro la mafia è sotto gli occhi di tutti». Sulla stessa lunghezza d'onda il ministro della Difesa: «C'è stato qualche commento durante il vertice sulle ultime uscite di alcuni parlamentari del Pdl che sono andati forse oltre le righe». Sul fronte finiano si registra invece la dichiarazione congiunta di Andrea Augello, Pasquale Viespoli e Roberto Menia che, dopo aver sottolineato il risultati ottenuti dall'esecutivo nella lotta alla mafia, attaccano «l'esercizio mediatico dei professionisti dell'antimafia di destra o di sinistra dei quali, consapevoli della lezione di Sciascia, continuiamo a diffidare». Insomma c'è ancora qualcuno che prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche nella speranza che, alla fine, la frattura tra Silvio e Gianfranco possa ricomporsi. Ma il tempo è sempre meno e le possibilità sono ormai ridotte all'osso.

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