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Mezzogiorno di povertà

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Giorgio Napolitano

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Un Mezzogiorno in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi, il cui Pil del 2009 è tornato ai livelli di dieci anni fa. Un'area periferica in cui gli emigrati precari, colpiti dalla crisi, privi di tutele, a parte la cassa integrazione, iniziano a rientrare, ma già pensano a ripartire, dove il tasso di disoccupazione paradossalmente cresce di più al Nord che al Sud, dove 6 milioni 830 mila persone sono a rischio povertà. È la fotografia che emerge dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2010 presentato ieri. Una situazione preoccupante sulla quale è intervenuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedendo all'esecutivo di intervenire per modificare le politiche che riguardano il Sud. Non risparmiando critiche ai governi precedenti. «I risultati complessivamente insufficienti delle politiche seguite in passato e la presenza di significative inefficienze – ha detto Napolitano – rendono necessario un ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo. Ma è in fatto che il Mezzogiorno può contribuire, attraverso la piena messa a frutto delle risorse, alla ripresa di un più sostenuto e stabile processo di crescita dell'economia e della società italiana fondato anche su una strategia di leale e convinta collaborazione tra le Regioni e lo Stato». Napolitano ha quindi ricordato che tra i «principali nodi da affrontare» ci sono l'attuazione del federalismo fiscale, le politiche di coesione dell'Unione europea, la qualità dei servizi pubblici, la formazione ed accesso al lavoro dei giovani ed il ruolo del sistema bancario. La situazione del nostro Mezzogiorno è effettivamente drammatica. Dal rapporto dello Svimez emerge che il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese e ben il 44%, quasi una famiglia su due, non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro (26% al Centro-Nord). Nel 47% delle famiglie meridionali, vi è un unico stipendio, addirittura il 54% in Sicilia. Ha inoltre a carico tre o più familiari il 12% delle famiglie meridionali, un dato quattro volte superiore al Centro-Nord (3,7%), che arriva al 16,5% in Campania. A rischio povertà, a causa di un reddito troppo basso è quasi un meridionale su 3, contro 1 su 10 al Centro-Nord. In valori assoluti, al Sud, si tratta di 6 milioni 838 mila persone, fra cui 889 mila lavoratori dipendenti e 760 mila pensionati. Riguardo al titolo di studio, oltre 1 milione 100 mila ha un livello medio-alto, con 122 mila laureati. La povertà «morde» particolarmente nelle piccole scelte quotidiane: nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento hanno tirato la cinghia rinunciando ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania e il 24,8% in Sicilia). Nel 2008 è arrivata con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su 4 (25,9%) contro il 13,2% del Centro-Nord.  

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