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Orticello, Vespasiano e Obama

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Frastornato dalle inchieste, travolto dal casino quotidiano della politica, tentato ogni giorno di dare un vaffa a tutto e occuparsi solo del proprio privato, il cittadino rischia di perdere di vista cose concretissime, apparentemente minime e invece essenziali per capire quanto sia profondo il bisogno di riformare questo Paese. Sono abituato a guardare i piccoli fatti e trarne lezione. Vi racconto dunque la storia esemplare di Orticello, Vespasiano e Obama. I primi due sono dirigenti della Regione Lazio, il terzo è il presidente degli Stati Uniti d'America, prima potenza del mondo. I primi due sono certamente degli onesti amministratori pubblici, persone con un curriculum degnissimo, che hanno qualche responsabilità nella gestione del Lazio. Il terzo ha modestamente in mano i destini del mondo. I primi due guadagnano 204 mila euro e rotti all'anno. Il terzo 282 mila euro. Orticello e Vespasiano hanno una busta paga inferiore di soli 78 mila a quella del Presidente degli Stati Uniti. Insomma, Barack è un poveraccio e io mi chiedo: dov'è l'errore?   L'errore, tanto per esser chiari, non è né di Orticello né di Vespasiano né di Obama. L'errore è di un sistema politico e amministrativo - quello italiano - disegnato negli anni in cui il debito pubblico poteva galoppare, lo Stato pagare e il cittadino pensare che nulla sarebbe successo. Peccato che nel frattempo siano accadute un po' di cosucce nel mondo e i nostri conti dello Stato facciano acqua da tutte le parti. Seduti allegramente sul terzo debito pubblico del mondo, gli italiani e chi li amministra continuano a far finta che tutto va bene madama la marchesa e nessuno pagherà mai la mostruosa cambiale rappresentata dal quarto debito pubblico del mondo. Abbiamo assistito a un braccio di ferro tra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e le Regioni. Sono volate parole grosse da entrambe le parti. Giulio s'è infervorato al punto da dare dei cialtroni ai governatori - e ha sbagliato - le Regione invece si sono arroccate nella difesa di bilanci insostenibili e spese che gridano vendetta. Il Lazio in questo scenario, è una Regione con molti problemi ereditati dalle gestioni allegre del passato e qualche possibilità. La presidente Renata Polverini è donna tenace, esperta di trattative grazie al suo passato sindacale, un'infaticabile mediatrice, ma deve far fronte a una situazione davvero difficile. Le leggi, anche quelle che stabiliscono le retribuzioni dei dirigenti, non giocano a suo favore, il sistema nel suo complesso è una selva spinosa, tagliente. Dobbiamo essere sinceri, si sta battendo con le unghie e con i denti, ce la sta mettendo tutta. Ha già tagliato i costi della giunta, ha ridotto il trattamento di alcuni dirigenti, ha cominciato quell'operazione di taglia e cuci di cui la Regione ha vitale bisogno. Ma tutto questo non basta, siamo alla goccia nel mare magnun della spesa. I costi del consiglio regionale sono altissimi, i singoli onorevoli godono di prebende e privilegi da impero bizantino, le situazioni di spreco sono sotto gli occhi di tutti. Si parte dalle cose semplici. Il tesserino per accedere alla Regione, tanto per fare un esempio: quello del presidente e degli assessori è una cosa semplice, perfino spartana. Quello dei consiglieri una versione superlusso di un portafoglio di Cartier. Quanto costa il primo e quanto il secondo?   Quando affermiamo che la politica è lontana dal popolo, non sbagliamo. Ma il cittadino dovrebbe essere cosciente del fatto che il voto non si esaurisce quando depositi la scheda nell'urna. L'esercizio della democrazia presuppone un controllo continuo, prima e dopo gli atti di governo. L'opposizione in consiglio regionale, per esempio, dovrebbe occuparsi non solo di quel che fa la giunta, ma anche della proliferazione delle spese del consiglio, dei suoi tic, vezzi, vizi. Insomma, dovrebbe cominciare una serie autocritica per essere credibile. Ha governato e il debito sanitario - frutto anche della gestione del centrodestra - è rimasto una bomba a orologeria messa sotto la sedia dei contribuenti del Lazio. Oggi i nodi vengono tutti al pettine. E a sbrogliare la matassa ci sono la Polverini in Regione e Alemanno in Comune. Non vorrei mai essere nei loro panni: ereditano una situazione finanziaria disastrosa, devono fare i conti con una manovra di tagli. Possono farcela? Le vie della politica sono infinite, ma occorrono determinazione, coraggio di dire ai cittadini come stanno le cose, leadership. Una Regione dove i dirigenti e i consiglieri regionali guadagnano più del presidente della Regione e fanno concorrenza allo stipendio del presidente americano, francamente, non è difendibile. Non accade solo a Roma, ma in tutta Italia: è ora di finirla di coltivare orticelli.

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