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Fini strappa l'applauso dei dipietristi

Gianfranco Fini alla marcia in ricordo di Falcone e Borsellino

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Eccola qua, mancava questa. Nell'archivio di frasi che come una goccia cinese s'abbattono a contrastare le dichiarazioni di Berlusconi, Fini sfodera ora anche quella contro lo stalliere di Arcore. Succede a Palermo, dove il presidente della Camera arriva per partecipare alle commemorazioni di Paolo Borsellino, magistrato antimafia assassinato diciotto anni fa e divenuto uno degli eroi stabili del pantheon della destra. Fini sta deponendo una corona sul luogo della strage in via D'Amelio quando partono dal pubblico alcune contestazioni: arrivano dagli aderenti al popolo delle agendine rosse, che prende il nome dall'agenda del magistrato sparita dopo l'attentato e nella quale sarebbero stati custoditi alcuni segreti fondamentali per capire cosa accadde a Palermo in quella infuocata estate del '92. Fini ascolta le contestazioni ma non ne comprende il senso e dunque si avvicina ai manifestanti politicamente vicini all'Italia dei Valori, infatti tra loro c'è anche l'eurodeputata dipietrista Sonia Alfano, figlia di un giornalista di destra ucciso dalla mafia. Contro il principale inquilino di Montecitorio urlano: «Vergogna, fuori l'agenda rossa».   Fini s'avvicina e gli chiedono se anche secondo lui Vittorio Mangano, stalliere ad Arcore, fosse un eroe come affermato in passato da Berlusconi e Dell'Utri. E Fini risponde: «È un cittadino italiano condannato per mafia, non un eroe». Di qui l'applauso dei dipietristi. Che cosa disse esattamente il Cavaliere? La frase «incriminata» risale al 9 aprile 2008 quando l'allora candidato del Pdl sta partecipando a «28 minuti, programma Rai. Spiega il capo del centrodestra: su Vittorio Mangano «ha detto bene Dell'Utri», perché quando era in carcere ed era malato «i pm gli dicevano che se avesse detto qualcosa su Berlusconi sarebbe andato a casa» e lui, invece non lo fece. Aggiunge quel giorno: «Mangano era una persona che con noi si è comportata benissimo, stava con noi e accompagnava anche i miei figli a scuola. Poi ha avuto delle disavventure che lo hanno portato nelle mani di una organizzazione criminale ma non mi risulta che ci siano sentenze definitive nei suoi confronti». Poi «quando era in carcere fu aggredito da un male che lo fece gonfiare in maniera spropositata. I pm si rivolgevano a lui dicendogli "basta che tu dica qualcosa su Berlusconi e noi ti mandiamo a casa subito". Eroicamente lui non inventò nulla contro di me e lo lasciarono andare a casa solo il giorno prima della sua morte. Quindi bene dice Dell'Utri nel considerare eroico un comportamento di questo genere». Tornando a ieri, lo stesso Dell'Utri fa sapere: «Vedo che si cade sempre nel solito equivoco e, siccome si alimenta sempre il solito equivoco, non ho nulla da dichiarare». Fini comunque partecipa alla tradizionale fiaccolata dei giovani di destra guidata da Giorgia Meloni, che infatti lo difende: «Eroe era sicuramente Borsellino che rappresenta una storia simbolica. Eroi erano anche gli uomini della scorta, Giovanni Falcone, Peppino Impastato e tutti gli altri che possono accostarsi alla figura di Borsellino. Celebrando lui vogliamo indicare ai giovani da che parte stare. Stiamo attenti, dunque, a usare il termine eroe». E lui, Fini, tira dritto: «Oggi - scandisce il presidente della Camera - è ancora più doveroso essere impegnati perché sta emergendo da Caltanissetta che in via D'Amelio non fu solo mafia» «Bisogna fare - aggiunge - tutto quello che è possibile per individuare eventuali collusioni e complicità. È un dovere assoluto che va al di là di ogni divisione politica». Quindi l'ex leader di An si sofferma sulla denuncia fatta da Fabio Granata, deputato a lui vicino e vicepresidente della commissione Antimafia, che aveva detto in mattinata che «pezzi dello Stato e del governo ostacolano le indagini su via D'Amelio». Anche qui il cofondatore del Pdl pesa le sillabe: «La democrazia è bella perché ognuno ha le sue opinioni. È chiaro, che chi come me, ha una responsabilità istituzionale, deve stare estremamente attento anche all'uso delle parole. Cosa vuol dire che all'interno dello Stato c'è chi ostacola le indagini su via D'Amelio?». Appunto, dello Stato e non del governo come riferito in precedenza, sebbene uno inglobi l'altro. Fini si mett e alla testa della fiaccolata con Meloni e con il sindaco di Roma Gianni Alemanno. C'è anche Carlo Vizzini con la sua associazione antimafia e Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, che alla manifestazione è quasi sempre venuto (per Fini è la seconda volta in quindici edizioni). C'è anche Manfredi Borsellino, il figlio di Paolo, che in un libro realizzato proprio dal ministero della Gioventù scrive alla Meloni: «Lei ha voluto dedicare ai giovani questo volume, giovani cui peraltro mi sento particolarmente legato sia sotto il profilo umano che sotto l'aspetto della "comunanza" di valori, cresciuti come me nella fede, nell'amore per la Patria, per la famiglia e "permeati" da quegli ideali di giustizia per i quali mio padre, uomo dello Stato, si è sacrificato». A Fini viene chiesto se ci sono novità sul disegno di legge sulle intercettazioni, e lui glissa: «Avete visto cosa ha detto il procuratore Grasso e i progressi fatti in Parlamento, dovete solo avere fiducia». E l'accordo sulle intercettazioni sembra ormai a un passo.  

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